E a Leonessa “venne il Buon Pastore”

Leonessa ha accolto con entusiasmo e con molta partecipazione la presentazione del libro “E venne il Buon Pastore” che racconta gli avvenimenti salienti e lo spirito che animò Mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo emerito dell’Aquila e già vescovo di Rieti dal 1990 al 1997, durante il suo breve ma non dimenticato Episcopato in questa terra reatina.

La manifestazione culturale, avvenuta all’interno del Santuario di S. Giuseppe, si è svolta in un clima di affettuosa amicizia e di caloroso coinvolgimento attraverso gli interventi delle personalità presenti, che hanno illustrato i carismi evidenziati da mons. Molinari durante il proprio mandato e dalle testimonianze di semplici cittadini che si sono aggiunte ad arricchire la gran massa di ricordi presenti nel libro.

Ne è scaturita una rinnovazione dello spirito che ha legato i leonessani al vescovo, il quale visitò più volte i loro luoghi, intrattenendosi nella bellissima cittadina ai piedi del monte Tilia e delle sue frazioni, oggi apparse a tutti nella loro splendida veste estiva, durante la visita pastorale compiuta dall’Ordinario nel corso di quindici giorni. Allora fu possibile al vescovo di caratterizzare e marcare i rapporti con i suoi cristiani attraverso la carità e l’umiltà del suo approccio, che colpiva la gente addolorata dai tanti problemi e dalle questioni che l’affliggevano.

Moderatore dell’incontro è stato il parroco di S. Giuseppe, padre Orante dei Cappuccini che ha coordinato gli interventi, presente, oltre a mons. Molinari, anche l’arcivescovo emerito di Perugia, il leonessano mons. Giuseppe Chiaretti. A porgere il saluto della città è stato il sindaco Trancassini, che ha voluto ricordare come negli ormai lontani anni del 1990 fosse alla sua prima esperienza, e quindi molto giovane. «Dell’incontro con mons. Molinari mi colpì il contenuto della sua omelia tutta centrata sul dovere degli amministratori di svolgere un servizio disinteressato e pieno nei confronti della comunità affidatagli non soltanto dagli elettori, ma da Dio».

E’ toccato poi a padre Carmine Ranieri, ‘provinciale’ dei Cappuccini dell’Abruzzo e di Leonessa e quindi a mons. Elio Zocchi, priore emerito di Cascia, il quale, attraverso un’esposizione puntuale e brillante, ha scelto di ricordare con l’occasione tutti i vescovi reatini, da mons. Massimo Rinaldi all’attuale mons. Delio Lucarelli al quale personalità e pubblico hanno inviato un caloroso saluto.

Don Elio si è soffermato sui rapporti che mons. Molinari ha intrattenuto con alcuni esponenti del mondo delle arti e tra questi con Ennio de Concini, lo scrittore premio Oscar e autore di tanti soggetti televisivi di successo, residente ad Albaneto. E’ toccato poi al giornalista Luciano Martini, che ha curato la composizione del libro, già direttore di Frontiera, il quindicinale diocesano di quegli anni, dalla cui collezione sono stati tratti gli articoli dei redattori di allora, cuciti e messi insieme da Martini per raccontare la storia dell’Episcopato di Molinari. «In questo volume – egli ha detto – c’è la fatica di molte persone di buona volontà. E’ un libro scritto a più mani. Quelle di uomini e donne da me mai ringraziati abbastanza, che con impegno e passione hanno fatto in modo che la storia di quel tempo, anche se ‘piccola’, fosse sottratta all’oblio».

Infine è stata la volta di mons. Molinari il quale ha ricordato che il libro che parla del suo episcopato reatino è un dono grande e speciale «poiché io nel tremendo terremoto che ha colpito L’Aquila ho perduto tutto quello che avevo, i libri e gli oggetti che mi ricordavano Rieti e l’intera collezione di Frontiera i cui articoli parlavano del nostro comune lavoro». Ed ha concluso leggendo l’ultima frase della sua postfazione al libro. «A Rieti ho incontrato tanti uomini e tante donne, che ho ammirato per la loro robusta preparazione culturale ed anche teologica. Ma sono rimasto soprattutto affascinato dai miti e dagli umili. Quegli umili e docili che – come scrive Hadjadj (Fabrice Hadjadj è uno scrittore e filosofo francese, di origine ebraica; il suo nome è arabo poiché i genitori sono tunisini. In gioventù è stato ateo e anarchico e ha mantenuto un approccio nichilistico per più di venti anni. Da Wikipedia) – sanno che Dio fa sì che tutto concorra al loro bene. Per questo, forse, ho vissuto l’esperienza di Rieti in un modo unico».