Pilastri della cura. Dottoresse e infermiere, maestre e professoresse, commesse e assistenti nelle Residenze per anziani, madri di bimbi piccoli e lavoratrici in smart working. Nel periodo di quarantena le donne hanno fatto la loro parte senza risparmiarsi e per di più negli ambienti più esposti alla diffusione dell’epidemia. L’Istat ha certificato infatti che nei settori considerati a più alto rischio di contagio – assistenza sanitaria e sociosanitaria – la presenza femminile sia al 67,3% e in quelli a rischio medio del 59,7%.
In prima linea nel lavoro “sporco”, in ultima in quello di progettazione del futuro, vista l’ormai arcinoto squilibrio di genere nelle varie task force tecnico-scientifiche che in questi mesi hanno affiancato il governo nella elaborazione della ripartenza dell’Italia. Tutto questo mentre a decidere i destini dei Paesi europei sono due donne, Ursula von der Leyen e Angela Merkel.
Ma ora, si può dire, viene il bello, anzi il brutto: le donne rischiano di rimanere indietro non soltanto nella fase attuale (la 2), ma anche nella 3, quella della ripresa autunnale. Proprio ieri il governatore di Bankitalia Visco ha detto che si prevede un calo senza precedente del Pil e che si perderanno 300mila posti di lavoro e i settori più colpiti sono il commercio, i trasporti e il turismo, dove la presenza femminile è sovrarappresentata. Per altro il 4 maggio, giorno della prima riapertura parziale delle attività economiche, il 72 per cento degli occupati tornati in attività sono stati uomini, i più coinvolti nella manifatture e nelle costruzioni. Altro segnale: ad usufruire dei congedi parentali straordinari disposti dal governo nei decreti Cura Italia prima e Rilancio poi, sono state per il 76 per cento le madri. E tra le erogazioni di cassa integrazione ordinaria fino all’11 maggio, il 61,5 per cento sono andate alle donne. «C’è poi il sommerso, il mondo invisibile del lavoro in cui di nuovo le donne sono prima linea – spiega Laura Linda Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat, entrata in corsa a far parte della task force per la ripartenza del Paese di Vittorio Colao dopo il “ravvedimento” del premier Conte dello scorso 12 maggio –. Penso al precariato, alle lavoratrici in nero: per loro il futuro è quanto mai a rischio».
Non solo: lo smart working, che prima della pandemia riguardava poche centinaia di migliaia di persone e oggi invece ne coinvolge milioni, si è sommato alla cura dei figli nella complicata gestione imposta dalla chiusura delle scuole, con il 74 per cento delle lavoratrici italiane, secondo una ricerca di Save The Children di pochi giorni fa, che avverte l’aumento del carico di lavoro domestico. «Abbiamo assistito a un sovraccarico del lavoro sulle spalle delle donne proprio perché i tempi di cura e di lavoro si sono sovrapposti – continua Sabbadini –. Un meccanismo micidiale, all’interno del quale in molte sono rimaste e rimarranno schiacciate».