“DonDom” a Greccio: incontro con i giovani nella prospettiva della GMG

Arriva con il suo fare semplice e spontaneo, Sua Ecc.nza Rev.ma Mons. Pompili o meglio – come lui stesso ammiccando ribadisce – “DonDom”. Così, affettuosamente, lo chiamano i suoi “aficionados” anagnini ed alatrensi e ti viene di chiamarlo così. Perché lui ti guarda negli occhi e ti sorride. Ti stringe la mano. Se hai un po di confidenza (basta davvero poco…) non disdegna un abbraccio ed un bacio. Ti comunica il suo desiderio di sapere chi sei. Come sei. Come stai.

È semplice, davvero, aprirgli il cuore e stargli accanto ad ascoltarlo. Perché senti che lui ti ascolta. E i ragazzi, i giovani, accorsi numerosi a Greccio – molti ancora “ebbri” della bellissima emozione provata il giorno prima alla consacrazione – lo sentono: i “suoi” è scontato. Lo conoscono bene. Lo amano. Mentre, nel profumo dell’amatriciana organizzata splendidamente dalla pro loco grecciana, DonDom si aggira fra i ragazzi, una di loro – seduta su un gradino, non trattiene l’emozione: “DonDom….ti guardo e mi viene da piangere!”.

Ma anche i giovani reatini, accorsi anch’essi ad accogliere il loro nuovo pastore nella Bethlemme francescana, sono immediatamente avvinti dal feeling semplice, diretto, sorridente e paterno di “DonDom”. Gli si fanno attorno. Gli domandano. Cercano il suo sorriso, e lo trovano. Sempre. E tornano, soavi, le bellissime parole rivoltegli – quasi come ad un figlio – dal card. Bagnasco nella sua omelia:«Ai vescovi – diceva il presidente CEI – non è chiesto di «essere dei conquistatori di anime», ma di essere loro per primi «conquistati da Cristo», né di «fuggire dal mondo», ma di «starci nel modo più bello e utile» e «di questo la gente – ha aggiunto citando il Papa – ha fiuto e intuito, ha la capacità e il gusto di accorgersi».

E la gente se ne accorge, eccome! Sin dall’eucarestia – la prima celebrata da vescovo nella sua diocesi (dopo ovviamente, quella della consacrazione, da lui presieduta solo, però, nel momento della presa di possesso) – se ne percepisce la vicinanza ai concelebranti. La fratellanza con essi e con il popolo di Dio. Fra questi, stupiti ed emozionati, due anziani coniugi che da tempo avevano prenotato la chiesa per il loro 50° di matrimonio e che non dimenticheranno certo il momento in cui “DonDom”, benedette le fedi, le ha porte loro perché se le infilassero reciprocamente. Torna a commentare il vangelo del sordomuto, nella sua prima, vera omelia da pastore della diocesi reatina. E lo fa entrando nel cuore, quasi nella carne di quel prodigioso miracolo che Gesù compie con gesti tanto forti, significativi, addirittura “fisici”.

“La fede – ribadisce – si deve far carne nella storia di ognuno. Non la si può vivere per se stessi, altrimenti non è fede”. E cita una splendida frase di Simone Weil: “Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio”. Una profondità che si sposa con una semplicità a volte disarmante: come quando, nell’impartire la sua prima benedizione episcopale, emozionato ( e non è la prima volta…) ne dimentica l’incipit. Invoca così il soccorso di don Roberto ed in tal modo confortato, afferma: “vabbè, riproviamo!”, cogliendo nel segno al secondo tentativo.

Spazio, infine, alla preparazione della nuova GMG, in vista il prossimo anno a Cracovia. In una piccola saletta allestita in fretta e furia dall’emozionatissimo padre Alfredo – padre guardiano del convento grecciano – tra un caffè ed un dolcetto DonDom ascolta attentamente la breve relazione del responsabile dell’equipe che sta preparando i giovani reatini all’evento, Alessio Valloni. L’unico limite – lo ricorda quasi scusandosi – il tempo: “alle 16 purtroppo debbo andar via… mi aspettano a Collalto”.

Ascolta, e poi dice la sua: ha fatto tante GMG, DonDom, e le conosce bene. Ne ha fatte come pellegrino, quand’era responsabile della pastorale giovanile della sua diocesi. Ne ha fatte – le ultime – come responsabile Cei dell’ufficio comunicazioni sociali. E la sua è un’esperienza preziosa, oggi illuminata dal suo carisma di pastore e “maestro di fede”. Così dice, e lasciandosi andare ad una battuta simpatica e significativa, rivolto ai giovani precisa: “… di fede, ma non di… rete”. Il riferimento è ad internet ed ai social network. “La gente – dice – oramai è tutta lì. Noi “immigrati digitali”, però, ne sappiamo poco. Siete voi “nativi” – esorta DonDom rivolto ai ragazzi – che ne avete la padronanza. Ci aspettiamo idee e progetti da voi. Ma non in tempi…biblici!”.

Sorride, nonostante la stanchezza, visibile sul suo volto. Ma è una stanchezza che sa di pienezza, la sua: che trasuda gioia e desidero di adempiere con entusiasmo il suo ministero pastorale. Ascolta, don Dom. Ascolta tutti. Anche dopo che la riunione si è sciolta. Ma si vede che ha fede salda ed idee chiare. E magari ripensa alle dolcissime, paterne parole rivoltegli nella sua omelia dal card. Bagnasco : “non temere”.

Foto di Massimo Renzi.