Don Domenico: nel Presepe di Greccio la chiave per superare lo “Lo scontro di civiltà”

Venne alla fine Francesco, e trovando che tutto era stato preparato, fu raggiante di gioia. Si accomoda la greppia, portano il fieno, vengono condotti il bue e l’asino. La semplicità è onorata, la povertà è esaltata, l’umiltà è lodata. Greccio è come una nuova Betlemme. La notte è chiara come giorno pieno, e dolce e piacevole sia per gli uomini che per gli animali.

(Tommaso da Celano)

Nell’omelia del giorno di Natale il vescovo Domenico ha ricordato le difficili condizioni in cui Francesco, nel 1223, diede vita al primo presepe della storia. Il santo ormai vedeva poco e forse lo aveva invaso un tumore, «insieme alla percezione che stava per essere emarginato dai suo stessi frati». Già da tempo, infatti, «aveva ceduto il governo ed era solo il ‘capo spirituale’ dei compagni, molti dei quali non lo volevano più ascoltare».

Una situazione che ha spinto mons. Pompili ad approfondire il «gesto audace di Francesco di rivivere a Greccio il fatto di Betlemme, di cui i Vangeli attestano il contesto storico (Luca) e il significato teologico (Giovanni)», toccando «una serie di ragioni che vale la pena riscoprire». Greccio, infatti, «rappresenta una ‘scomoda memoria’, che invano si cercherà di addomesticare come nel ciclo pittorico di Assisi, dove Giotto in persona cercherà di occultarne il senso».

E si tratta di intuizioni che hanno molto da dire ancora oggi. Ad esempio, nel presepe di Greccio si fa avanti una interpretazione del viaggio in Terra Santa «diversa da quella corrente nella Chiesa ufficiale, impegnata per lunghi decenni con le crociate a riscattare i luoghi della memoria cristiana dall’invasione dei musulmani e dalle pretese degli ebrei. Si tratta – ha spiegato don Domenico – di una contestazione silenziosa di quella lunga sequela di guerre e di violenza che avevano infiammato tanti. Francesco era stata il solo che si era recato dai crociati, ma poi si era allontanato dal campo per andare a far visita al nemico, Malik-al Kamil. Per presentarsi solo come cristiano. Senza aggiungere altro ed ottenendo l’accoglienza più imprevista. Francesco non solo è contro le armi che portano la morte, ma anche contro le armi della parola e della propaganda».

«A poche settimane dai tragici fatti di Parigi, in un mondo dilaniato da guerre e segnato dalla violenza, l’atteggiamento di Francesco può apparire ingenuo e fuori dalla storia. Ma, in realtà, è un invito potente per una nuova saggezza che eviti buonismi falsi ed astute contrapposizioni e sappia ritrovare l’arte del dialogo che è una missione della religione in qualsiasi forma si appalesi. “Lo scontro di civiltà” porta solo morte. Francesco – ha sottolineato il vescovo – invita i frati a stare ‘con’ e ‘in’ mezzo ai saraceni con l’atteggiamento giusto: “Annunciate il Vangelo, se necessario anche con la parola!”».

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