Don Domenico: «Mai sacrificare la bellezza al profitto»

«Occorre che si affermi la dignità e la centralità della persone e delle relazioni. Per i cittadini vuol dire non cedere mai all’abbruttimento e al degrado, ma alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente. Per i decisori politici significa non abbandonarsi a progetti che impediscano l’incontro e la qualità delle relazioni. Per le imprese che il profitto non sia l’unico parametro. Quindi che non si sacrifichi mai la bellezza al profitto». Lo ha detto il vescovo Domenico in occasione del dibattito tenuto il 29 febbraio al polo universitario su “Come progettare le città nell’era del global warming”.

Mai sacrificare la bellezza al profitto

Un incontro durante il quale mons. Pompili ha ricordato che «Si è soliti pensare che l’ambiente e l’arte non danno pane». Ma in realtà «danno molto di più: danno vita ed energia».

«Per i cittadini – ha infatti spiegato don Domenico – significa farsi carico dei propri ambienti di vita, sostenendo coi propri comportamenti la vivibilità, il decoro e la dignità. Per i decisori politici significa che è un preciso dovere etico quello di garantire la bellezza e di non concentrarsi su alcune isole, salvo perdere l’insieme, ben sapendo che l’ordine, la comodità e la funzionalità sono precisi aspetti della stessa dimensione estetica. Per le imprese vuol dire non giocare al ribasso perché un’opera brutta rappresenta sul medio e lungo periodo un costo economico e sociale che grava sulla classi più deboli».

Uso sostenibile e responsabile delle risorse

Mons. Pompili ha inoltre auspicato che «si usino in maniera sostenibile le risorse e si verifichino gli effetti sull’ambiente. Per i cittadini vuol dire monitorare gli effetti dei propri comportamenti e il grado di qualità che essi vivono. Per i decisori politici significa rendersi conto dell’impatto ambientale per apportare eventuali correttivi. Per le imprese suggerisce di innovare i processi costruttivi nel rispetto della sostenibilità, prediligendo soluzioni di riuso e riciclo».

Ecologia, economia e giustizia: tutto è connesso

«Come si vede inclusione sociale, economia d’impatto ed ecologia urbana sono tre pilastri di cui tener conto se si vuol progettare città a misura di uomo. Solo così una comunità di cittadini si preoccupa del futuro, non si fa rubare l’identità e la sua storia, liberandosi dall’indifferenza consumistica e da modelli precostituiti per i quali la cura dell’ambiente è una cosa da deboli. Al contrario – ha concluso il vescovo – quando l’uomo perde la percezione che ‘tutto è connesso’ e si fa dominatore assoluto perde il contatto con la realtà e si perde la possibilità di progettare città che siano vivibili oggi e, soprattutto, nel futuro».