Don Domenico: «La fede provoca un balzo che fa camminare insieme»

«Il testo è come incorniciato dalla menzione del cieco che all’inizio “sedeva lungo la strada” e alla fine “lo seguiva lungo la strada”». È la annotazione da cui è partito il vescovo nell’omelia della Messa domenicale, con i catechisti in Cattedrale per ricevere il mandato.

Al centro del discorso la «durezza di cuore dei suoi che “hanno occhi e non vedono”», vale a dire la crisi della fede, per la quale Dio scompare dall’orizzonte dell’umanità. Ma «la vicenda raccontata da Marco ci aiuta a riscoprire tre situazioni che fanno emergere l’io del catechista rispetto alla fede che si intende comunicare».

La prima è il grido del cieco Un più ampio resoconto della lezione del vescovo è disponibile sul numero 39 di «Frontiera», in edicola dal 30 ottobre. che si leva in mezzo alla folla anonima: «in condizioni normali siamo risucchiati dal conformismo, ma quando siamo in una condizione di assoluta necessità l’io si ribella ed esce allo scoperto» ha spiegato don Domenico: la fede proviene dal grido «della nostra fragilità» che può far nascere «l’apertura al nuovo nella nostra vita».

La seconda situazione è nel legame tra fiducia e fede, con la caduta libera della prima che spiega il regredire della seconda. Non a caso il Maestro passa attraverso i suoi per entrare in contatto con il mendicante, la cui reazione è immediata: “balzò in piedi e venne da Gesù”. «La fede provoca un balzo, cioè fa saltare le garanzie che ci siamo costruite addosso, fa attraversare le ferite e le delusioni che hanno segnato la nostra vita, soprattutto nelle relazioni personali».

L’ultima situazione è la consapevolezza di essere sempre in viaggio: “Va, la tua fede ti ha salvato” dice il Maestro a Bartimeo, ormai libero di muoversi. «La fede – ha ricordato il vescovo – è una via prima che una dottrina o semplicemente un’idea, che si impara camminando dietro al Maestro, lasciandosi ispirare dalla sua esistenza».

E sul filo di questo ragionamento, che mons. Pompili ha paragonato i catechisti a «“la donna incinta e la partoriente” di cui parla Geremia nella prima pagina».

«Sembrerebbe impossibile per chi aspetta un bambino affrontare un grande viaggio. Eppure la profezia lascia intendere che è possibile. Perché “chi semina nel pianto raccoglie nella gioia”. Non potrebbe esserci definizione sintetica più efficace del ministero del catechista. È come una donna incinta, anzi gravida, che tra fatiche e difficoltà cammina e porta alla luce il bambino. Così è di chi, come voi, perde tempo, si affatica, si spende per far crescere la fede tra i bambini e i ragazzi. È questo camminare insieme – ha concluso don Domenico – che manda avanti la vita. E suscita speranza. Oggi più che mai in un tempo di deserto e di isolamento».

Un più ampio resoconto della giornata del mandato ai catechisti è disponibile sul numero 39 di «Frontiera», in edicola dal 30 ottobre.