Don Domenico: «la fede adulta affronta il dolore con pazienza e tenacia»

«Il terremoto non è una punizione divina». È guardando al libro di Giobbe che il vescovo Domenico ha provato a rispondere a un sentimento che può emergere davanti alla tragedia di questi mesi.

Durante le funzioni del 2 novembre, celebrate nei comuni maggiormente colpiti dal sisma, mons. Pompili non ha concesso alcun credito a una lettura del terremoto condotta secondo la «logica della retribuzione». Questa, infatti, ha a che fare con una idea infantile della religiosità: una fede adulta affronta il dolore con pazienza e tenacia.

Sono le qualità che si imparano meditando la storia di Giobbe. Domandarsi: «non ce lo meritiamo, perché accade?», è umano. Anche «Giobbe passa da qui, ma non si ferma qui». Perché la fede adulta, difficile, di Giobbe è quella che «prende le mosse dal crollo delle certezze e della pretesa di poter comprendere tutto con le nostre categorie» ma «senza dichiarare “non-senso” ciò che non comprendiamo».

Facendo leva sulla lezione di Paul Ricoeur, don Domenico ha suggerito un percorso in tre tappe per conquistare questa saggezza. La prima consiste nel rifiuto dell’idea retributiva: «essere consapevoli che “Dio non ha voluto punirci”».

La seconda chiede di lasciare spazio al dolore: «Fino a quando Signore?» è la domanda di chi è legittimamente arrabbiato con Dio, ma con «l’impazienza della speranza».

La terza tappa è la conquista del «credere senza garanzia», è riconoscere che «per credere non c’è bisogno di spiegare l’origine della sofferenza».

«Non si ama Dio perché esaudisce i nostri desideri, né lo si odia se il male piomba nelle nostre vite» ha spiegato il vescovo. Con Giobbe si impara la capacità di amare Dio «per nulla», si trova la strada per «uscire completamente dal ciclo della retribuzione, di cui la lamentazione resta ancora prigioniera».

«Il dolore ci dà occhi nuovi» ha concluso don Domenico. «Una saggezza attraverso la sofferenza, nel faccia a faccia con il Tu divino (“ora i miei occhi ti vedono” Gb 42, 5)», che apre a «un consenso al di là del desiderio». Vuol dire «“decifrare i segni della resurrezione sotto l’apparenza contraria della morte”, come ci suggeriscono le parole del Maestro».