Don Domenico: «C’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo»

«Il problema del male va al di là dell’osservanza delle norme». Lo ha spiegato il vescovo Pompili a Labro, commentando la Lettera ai Romani di San Paolo durante la presentazione della “Resurrezione” dell’artista Alessandro Kokocinski – donata dall’autore alla comunità di Labro e collocata nella Chiesa Santa Maria Maggiore.

In Paolo don Domenico ha letto «la strana condizione nell’uomo di sempre: “C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”».

«Non è forse vero che anche noi siamo segnati da questa schizofrenia per cui desideriamo essere in un modo ma poi soccombiamo al male? Come dire che non basta la semplice coscienza o conoscenza per andare verso il bene» ha sottolineato il vescovo: «C’è una dinamica più complessa in cui entra in gioco la libertà che può complicare tutto. Anche acconsentire al bene nell’intimo ma poi avere “il male accanto sé”».

È da questa prospettiva che si comprende l’esclamazione drammatica di Paolo: «Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?».

«Il corpo – ha aggiunto mons. Pompili – non è semplicemente il fisico ma è il simbolo di questa legge di gravità che ci spinge sempre in basso anche se desideriamo di salire in alto. Questa domanda sembra non avere risposta. Ma è anzitutto una constatazione: da soli non siamo capaci di fare il bene, pur avvertendolo. Così l’idea che conoscere è sufficiente per non sbagliare è falsa. Ma ancor più è falso è pensare di riuscire da soli a diventare buoni, con uno sforzo di buona volontà».

«È quanto fraintendono anche i contemporanei di Gesù che non si rendono conto che solo il Messia, cioè Lui, è in grado di dipanare la matassa del cuore umano. Per questo li sfida. “Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?”. E facendo riferimento a chi si accorda con l’avversario per attenuare eventuali ricadute economiche e giuridiche, sembra voler dire che accortezza richiede di valutare con attenzione la sua persona perché si gioca in essa la partita decisiva. Le parole di Gesù sono dirette e quasi sconfortate, ma attestano che solo in Lui – ha sottolineato il vescovo – si può sperare di ritrovare la salvezza».