Domenica II del tempo ordinario – Anno C (Gv 2,1-11)

Per fortuna che c’è Maria, donna nuova!

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Scusa la curiosità, Gesù, ma… che diamine ci facevano sei anfore di pietra nei pressi di una tavola nuziale? Dato che non erano delle giare qualunque, quelle che ogni sommelier che si rispetti terrebbe pronte per i commensali. Erano, ci dice Giovanni, anfore «per la purificazione dei giudei»: roba che potevi trovare nel cortile del tempio di Gerusalemme, non certo in uno sperduto villaggio di Galilea! E poi, permettimi un’altra domanda: dove stava la sposa? L’evangelista non ne fa cenno. E lo sposo? Non sappiamo chi fosse, appare in scena soltanto per beccarsi i complimenti del maître per una cosa che poi avevi fatto tu, non certo lui che, preso a festeggiare, manco sapeva di che stesse parlando. E ancora: quelle tue parole rivolte a tua madre… Scusa, Gesù, ma non erano proprio il massimo della cortesia! A rispondere così a mammà, chiunque di noi si beccherebbe un manrovescio più o meno metaforico!

Mi sa proprio che occorre scavare un po’ sotto gli “scherzetti” che l’evangelista tuo apostolo prediletto ci fa, nascondendo dietro queste stranezze qualche indizio… Mi sa tanto che quelle giare vuote, che guarda caso erano sei e non sette (vale a dire il numero perfetto meno uno: che vuol dire imperfezione), stanno a rappresentare noi, i commensali di un matrimonio poco riuscito. No, non voglio pensare alle troppe nozze fallite che purtroppo ci circondano. Non solo quelle, almeno. Ma tutte quelle situazioni in cui il nostro “matrimonio” con Dio, di cui tu sei tramite, non funziona come dovrebbe.

“Meno male che c’è Maria!”, si intitolava un simpatico musical di Enrico Montesano di qualche anno fa… Mi viene in mente adesso, solo come titolo, e penso: per fortuna c’era allora a Cana, e c’è anche oggi, colei che tu chiami “Donna”… Sarà un caso che, per stare sempre allo stesso evangelista, la chiamerai così anche sotto la croce? Chiami “donna”, tua mamma, perché lei è la “donna nuova”, “donna del vino nuovo” (per dirla col tuo indimenticabile servo che fu don Tonino Bello). Per fortuna che c’è Maria ad anticipare la tua “Ora”. Quella che compirai, appunto, sul Golgota.

L’Ora che riempirà le nostre giare del vino della letizia, che ci renderà commensali degni alle tue nozze… A proposito, mi sa tanto che il vero Sposo che riceve i complimenti sei tu, vuole dirci tra le righe Giovanni. E che la vera sposa, quella che in questa narrazione non si sa che fine abbia fatto, siamo noi: la tua Chiesa. La quale deve essere lei per prima “donna nuova”, madre di ogni discepolo come Maria che tu sul Calvario consegni a Giovanni: “donna nuova” che indica a ogni suo discepolo, a ogni servo che vuol seguire te, vero Servo, ricorda di fare quello che tu dici, «qualsiasi cosa» ci dirai, pure la più strana come mettere acqua in contenitori che lì nemmeno dovrebbero starci… Insomma, colei che invita a udire la tua parola di salvezza, fidandosi di te che puoi rifarci nuovi davvero e non “lavati con Perlana”! E le coppe si arrossano, colme del vino della grazia che mai più verrà a mancarci. Insomma, Gesù, per essere il tuo primo miracolo te la sei cavata proprio bene!