Domenica di Pentecoste – Anno A: “Lingue di fuoco”

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Gv 20,19-23


Pur essendo l’ultima solenne tappa del tempo pasquale, la Pentecoste non conclude ma porta a perfezionamento il Mistero della Pasqua del Signore. Il giorno dell’epifania la Chiesa proclama difatti che centro dell’anno liturgico è il triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto che culmina nella domenica di pasqua. Il dono dello Spirito, promesso ai discepoli e che, nel testo di Atti 2 Luca descrive attraverso la straordinaria ed eclatante esperienza nel cenacolo, rappresenta il momento propulsivo attraverso il quale la Chiesa riceve dal Signore il compito di rendere partecipi tutti gli uomini del dono di Salvezza realizzato dallo stesso Cristo proprio attraverso il mistero della sua Pasqua. Non a caso il testo evangelico della celebrazione di questa solennità riconduce proprio alla sera di quel giorno, il primo della settimana, ossia il giorno della Risurrezione. L’evangelista Giovanni infatti, per sottolineare che lo Spirito Santo è lo Spirito del Signore Risorto, non si preoccupa affatto della successione cronologica degli eventi, ma colloca tutto, compreso il dono dello Spirito, all’interno dell’evento centrale e fondante ogni altra realtà della fede che è la Pasqua. Ma non è solo l’indicazione cronologica a sottolineare questo. Un altro elemento importante che richiama il legame tra il Cristo Risorto e lo Spirito è il luogo dove il tutto accade: il luogo è il cenacolo, dove nei discorsi dell’ultima cena Gesù aveva dato la chiave di lettura del suo mistero e aveva preannunciato il dono dello Spirito. Dopo aver dato le coordinate teologiche spazio temporali (il giorno di Pasqua e il Cenacolo), Giovanni fa compiere a Gesù l’atto sublime e divino di soffiare lo Spirito con il dichiarato fine di rendere i discepoli “continuatori” dell’opera che il Padre gli ha affidato (come il Padre ha mandato me, anche io mando voi): essere portatori della misericordia del Padre, misericordia che vince il peccato (a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati). È necessario però soffermare l’attenzione proprio sulla modalità con cui il quarto evangelista descrive il dono dello Spirito: il soffiare. L’atto richiama ovviamente l’evento della creazione dell’uomo, come ci è presentato in Genesi 2,7; ma non è soltanto una similitudine formale, si tratta invece della riproposizione della medesima realtà. L’evento della Pasqua del Signore Gesù Cristo ha davvero fatto nuove tutte le cose, questo straordinario accadimento ha impresso una dinamica completamente nuova all’interno della storia e nella vita di ogni singolo uomo. Ecco perché è da quell’evento che è scaturito un nuovo soffio vitale che viene riversato negli uomini perché abbiano la pienezza della vita. Di questa definitiva novità la Chiesa è stata resa da Cristo annunciatrice e portatrice. La condizione previa è che sia essa stessa a lasciarsi continuamente “ricreare” dallo Spirito del Signore Risorto: solo se e quando la comunità dei credenti sarà capace di questa “docilità” all’azione dello Spirito del Signore…allora diventerà capace di essere strumento efficace perché l’azione dello Spirito possa diffondersi e rinnovare la faccia della terra. Attraverso la Pentecoste l’accadimento Pasquale può estendere la sua efficacia nel tempo e nello spazio, fino alla fine dei tempi e fino ai confini dell’universo.