Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, della stessa sostanza del Padre

“Volgo i pensieri alla dimora che non conosce tramonto, alla mia cara Trinità, unica Luce, di cui anche la sola ombra ora mi commuove” (S. Gregorio di Nazianzo, Poesia su se stesso). Riguardo a Cristo Gesù colpisce il contrasto tra due affermazioni. Da una parte, egli è visto come “Il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44/45,3), come “L’irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3). Dall’altra, a Lui, nella Passione, vengono applicate le parole dei Carmi del Servo di Iahvé: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53,2-3).

La spiegazione del contrasto è semplice: Gesù ha redento la bellezza, privandosene per amore. “La nostra anima, fratelli, è brutta per colpa del peccato: essa diviene bella amando Dio. Dio è sempre bellezza, non c’è mai in lui deformità o mutamento. Egli non ci ha amato per lasciarci brutti come eravamo, ma per renderci belli da brutti che eravamo. In che modo saremo belli? Amando Lui, che è sempre bello. Assumendo un corpo, Egli prese sopra di sé la tua bruttezza, la tua mortalità, per adattare se stesso a te, per rendersi simile a te e spingerti ad amare la bellezza interiore … ‘Egli non aveva bellezza e splendore’ per dare a te bellezza e splendore” (S. Agostino, Commento alla Prima Lettera di Giovanni, 9,9).

Per capire questo paradosso, bisogna rifarsi al principio che Paolo formula all’inizio della Prima Lettera ai Corinzi: “Poiché, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione” (1 Cor 1,21). Applicato alla bellezza e allo splendore della Luce di Dio, questo significa: poiché mediante la bellezza delle creature l’uomo non è stato capace di elevarsi alla bellezza del Creatore, Dio ha cambiato, per così dire, metodo e ha deciso di rivelare la sua bellezza attraverso l’ignominia e la deformità della Croce e della sofferenza. Il raggiungimento della bellezza passa anch’esso ormai attraverso il mistero pasquale di morte e risurrezione. La bellezza non è più astrattamente, come la definiva Platone, “lo splendore del vero”, ma è, concretamente, lo splendore di Cristo, anche se le due cose coincidono, essendo Lui stesso la Verità. La Bellezza si è incarnata! Questo è il modello e la fonte della bellezza redenta: “Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo” (2 Cor 4,6).

(da: Contemplando la Trinità)

Per gentile concessione della casa editrice Ancora.