Chiesa di Rieti

Dio come rifugio sicuro anche di fronte all’ineluttabile

«Che cosa c’è dopo la morte? Alla fine c’è il nulla? A queste domande radicali può rispondere solo Dio, mediante una rivelazione»: è iniziato con queste parole il momento di meditazione dopo il rosario espresso ieri sera in Cattedrale dal vescovo Domenico

«Che cosa c’è dopo la morte? Alla fine c’è il nulla? A queste domande radicali può rispondere solo Dio, mediante una rivelazione. Per cominciare si impone, dunque, un’altra domanda: che cosa sperimentò Israele, visto che si tratta di un popolo che non si è chiuso alla verità di Dio, ma si è proteso verso di essa?»

È iniziato con questa riflessione, il momento di meditazione del dopo rosario di ieri sera.

«La prima cosa sorprendente, al riguardo – ha proseguito il vescovo Domenico – è scoprire che il popolo eletto, a differenza dell’Egitto, non ebbe mai alcun culto dei morti. Gli egiziani si occupavano della morte con la costruzione delle piramidi per i re e i giganteschi monumenti funebri per alti dignitari, con la costruzione di sarcofagi, libri dei morti, con la pratica di sacrifici per i defunti e la celebrazione di riti funebri”, scrisse Assmann».

«Israele, al contrario, non vuol sapere mai nulla di un beato al di là e per questa ragione i testi del Primo Testamento si interessano esclusivamente all’aldiquà. Come si ricava da Qoelet, che scrive: Certo finché si resta uniti alla società dei viventi, c’è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto (Qo 9, 4)».

«La presa di distanza dall’aldilà, in realtà, si salda per Israele alla convinzione che il suo Dio è un Dio per questa vita, che Egli vuole questo mondo. Accade, però, che nei Salmi si faccia strada un fenomeno che anticipa la successiva fede nella resurrezione e, cioè, la persuasione che Dio è un rifugio sicuro anche di fronte all’ineluttabile: Per questo gioisce il mio cuore, la mia anima esulta; anche il mio corpo dimora al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita (Sl 16, 9-11)».

«Così verso la fine del Primo Testamento è chiaro che se Dio ama la vita è per sempre. L’amore, infatti, non ammette condizioni di sorta, come si esprime il Cantico dei Cantici: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo (Ct 8,6-7)».