Digitale: ancora molto da fare

Alcune recenti indagini ribadiscono che i problemi cominciano quando si varca la porta delle aule e si pensa alla didattica

Scuola digitale: in classe resta ancora molto da fare. Questa la sintesi, riportata dai media, di un paio di indagini realizzate dall’ Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano e da Link Campus University con il supporto dell’Università Roma Tre e in collaborazione con l’associazione dei presidi.
Molto interessanti i risultati della ricerca, presentati davanti al ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. In buona sostanza, se dal punto di vista amministrativo il digitale è ormai abituale nelle scuole italiane, i problemi cominciano quando si varca la porta delle aule e si pensa alla didattica.
Il 75% degli istituti, infatti, ha digitalizzato in parte o del tutto alcuni processi come la gestione delle classi, le supplenze, le comunicazioni con le famiglie. Anche le iscrizioni sono diventate online. Non solo: in quasi tutti gli istituti scolastici (il 97%) il dirigente usa la firma digitale e nella maggioranza di essi (60%) il sito web è gestito da una risorsa interna, con un preciso incarico, remunerato. Insomma, le scuole hanno a che fare con i computer e la “rivoluzione digitale” è a buon punto. La ricerca classifica diversi livelli tra le scuole digitalizzate: solo il 4% è “Non digital” (poco o per nulla digitalizzata, con bassa diffusione dei software a supporto dei processi, in media oltre il 70% ancora cartacei); il 21% è a livello “Beginners” (digitalizzazione avviata, con software in circa metà dei processi); il 36% va invece considerato “Digital Belivers” (buon livello di digitalizzazione); il 39% è addirittura “Fully Digital” (completamente digitalizzato). Sorpresa per chi è abituato a verificare lo squilibrio scolastico tra Nord e Sud, a vantaggio del Nord: la Regione con la maggior diffusione di scuole totalmente digitalizzate è la Sicilia, all’ultimo posto il Friuli Venezia Giulia.
Nella didattica, invece, la diffusione delle tecnologie è ancora indietro: sono diffuse soltanto le dotazioni minime come, ad esempio, la connessione Internet in classe (il 55% degli istituti scolastici ha una connessione Adsl, il 29% in fibra ottica). Nel 60% degli istituti esiste una Intranet per i servizi amministrativi, annotano le indagini. Nel 54% internet viene usato per le comunicazioni al personale, ma solo nel 18% per i progetti didattici.
“La scuola ha un primato, rispetto ad altri settori della pubblica amministrazione, nell’adozione del Piano digitale – ha commentato la ministra Fedeli – ma ora bisogna utilizzare sempre di più gli strumenti tecnologici nella didattica, anche attraverso una adeguata formazione dei soggetti coinvolti”. Secondo Viale Trastevere, il Piano nazionale scuola digitale è stato una delle innovazioni più apprezzate della Buona Scuola, con oltre il 70% delle 35 azioni del Piano avviato, e investimenti nell’ultimo anno e mezzo di oltre 500 milioni. Ora si tratta di proseguire.
Il “nodo” personale è cruciale. Vale per l’ambito amministrativo, certo. Ancora di più per quanto concerne la didattica. Digitale, infatti, non vuol dire solo usare la tecnologia. Piuttosto si tratta di riconsiderare i “meccanismi” dei processi di insegnamento/apprendimento. E qui si capisce come le competenze in particolare dei docenti giochino un ruolo fondamentale. Formazione è ancora la parola-chiave, la direzione verso cui proseguire.