Datagate, grande freddo al G20

L’amministrazione Obama sotto accusa per lo spionaggio dei Paesi democratici

Nonostante il silenzio in cui Edward Snowden, la gola profonda che ha dato il via al caso, si è confinato, la vicenda del Datagate non smette di far parlare di sé. Le ferite nell’orgoglio (e non solo) dei Paesi controllati dall’intelligence Usa non si sono ancora rimarginate, tanto che, nonostante la drammatica crisi siriana, anche questo tema ha trovato spazio nelle agende dei fittissimi colloqui del G20.

Dopo un tira e molla tra Usa e Russia durato oltre un mese (durante il quale Snowden ha vissuto nell’area transiti dell’aeroporto internazionale di Mosca), dal 1° agosto l’ex analista della Nsa (National Security Agency) è ufficialmente, grazie a un visto temporaneo di un anno, un rifugiato in terra russa. Dal suo esilio volontario in una località segreta, protetto dai servizi segreti russi, Edward Snowden ha smesso di fare esternazioni sul progetto Prism; ciò nonostante, la fuga di notizie è ormai inarrestabile e ogni giorno emergono nuovi elementi che ingigantiscono sempre più il caso.

Le rivelazioni più grosse sono di fine agosto, un uno-due che pesa sulle gambe dell’amministrazione Obama. Il 23 agosto è il “Wall Street Journal” ad arricchire di particolari la vicenda, dando una dimensione più chiara dell’opera di telecontrollo da parte della Nsa. Secondo il “Wsj” i servizi statunitensi monitorano il 75% del traffico telematico che passa per gli Usa alla portata degli analisti e dei software di controllo della Nsa, e vista la predominanza dei big a stelle e strisce nel mercato mondiale dei servizi on-line della Rete, il corrispondente traffico internet mondiale è molto vicino alla stessa percentuale. Un’operazione dalle proporzioni enormi (stando a documenti segreti pubblicati all’intervento legale della Electronic Frontier Foundation, ogni anno la National Security Agency intercetterebbe oltre 250 milioni di “comunicazioni Internet”), ma con una rilevante capacità di agire chirurgicamente: durante le Olimpiadi invernali del 2002, Nsa, Fbi e Qwest Communications si accordano per intercettare “i contenuti di tutte le email e i messaggi testuali nell’area di Salt Lake City”.

A stretto giro il secondo colpo. Il 27 agosto il magazine tedesco, “Der Spiegel”, pubblica la notizia che la Nsa ha craccato il sistema di protezione crittografica utilizzato nella trasmissione delle teleconferenze interne all’Onu. Dall’estate 2012, secondo “Der Spiegel”, gli 007 Usa spiano, analizzano e archiviano il materiale video delle Nazioni Unite, con un interesse particolare per l’Agenzia per l’energia atomica e la delegazione europea. Un’attività non isolata che, rivela il settimanale tedesco, si affianca al programma “Special Collection Service”: spionaggio “vecchia scuola” finalizzato a intercettare le comunicazioni riservate che circolano nelle ambasciate e nei consolati di 80 diversi Paesi stranieri.

Il G20 di San Pietroburgo diventa così l’occasione per affrontare Obama di persona, Brasile e Russia non si lasciano fuggire l’occasione. “Penso – ha detto Dilma Roussef, presidente brasiliano – sia molto grave spiare un Paese democratico. È gravissimo spiare la vita privata delle persone, dei cittadini e violare la sovranità di un Paese. Non capisco come si possano rivendicare cose del genere”. Esternazioni accompagnate da una minaccia molto seria (nel linguaggio diplomatico): Roussef si è detta pronta a cancellare la visita negli Stati Uniti prevista per il 23 ottobre. Non meno duro il presidente russo: il portavoce di Putin, nel corso di una riunione informale a margine dei lavori, ha dichiarato il “Datagate Usa assimilabile a terrorismo”.