Dare concretezza alla mediazione fra Vangelo e storia

Storia della Chiesa locale, dell’Azione Cattolica nazionale e locale

Il terzo appuntamento di formazione per gli iscritti dell’azione cattolica, nell’ambito della Scuola Associativa Diocesana, svoltosi sabato 21 dicembre presso l’Auditorium Varrone, ha dato voce a due relatori, non solo ben noti, come il professore Ernesto Preziosi, e S.E. mons. Lorenzo Chiarinelli, ma anche capaci di cogliere negli avvenimenti esaminati, dei nodi, dei momenti forti in grado di aprire orizzonti di riflessione e di progettualità nuove.

Il tema dell’incontro, “Storia della chiesa locale, dell’Azione cattolica nazionale e locale” era vastissimo e richiedeva tutta la qualità interpretativa e la sensibilità ecclesiale – indubitabili – con cui i relatori hanno esposto le loro riflessioni.

Il professor Preziosi ha compiuto un excursus storico, necessariamente selettivo, a partire dalle origini dell’azione cattolica nel 1867, origini che già rivelano la natura dell’associazione, voluta da due laici Mario Fani e Giovanni Acquaderni. La nuova organizzazione presentò immediatamente il suo carattere originale rispetto ad altre forme associative, quali confraternite, pie unioni, ecc.. infatti, essa pose immediatamente al centro della sua identità il compito di dare ragione della speranza cristiana in un contesto storico, in cui il pensiero liberale e quello socialista mettevano in discussione molte forme di presenza della chiesa nella società civile e nel panorama politico.

La presa di Roma nel 1870 ed il successivo “non expedit” di Pio IX, che vietava la partecipazione attiva dei cattolici alla vita politica, avevano creato un “vuoto” di presenza dei cattolici, anche se nella società civile tale presenza rimaneva notevole attraverso cooperative, banche, organizzazioni di varia natura. Pertanto l’apostolato a cui i membri dell’A.C. erano chiamati, prevedeva non solo la testimonianza immediata del vangelo, ma anche l’animazione (mediata) delle realtà temporali.

Si trattava evidentemente di portare i cattolici ad avere peso in virtù di specifiche idealità, non tanto a contare come forza legata al numero del “personale politico”, quanto sollecitare i cattolici ad attrezzarsi culturalmente, per tornare ad occuparsi della “cosa pubblica”, ad imparare a compiere quella necessaria mediazione fra le urgenze della storia e la lezione del Vangelo. Proprio questo difficile compito sarà assunto consapevolmente dall’A.C., già il beato Giuseppe Toniolo nel 1876 aveva pubblicato un volume dal titolo rivelatore “Etica come elemento intrinseco dell’economia”.

Senza queste premesse e questa formazione non sarebbe stato possibile nel primo dopo-guerra la nascita del partito popolare né quella lunga riflessione sull’identità della vocazione e missione dei laici a cui, più tardi, il Concilio diede piena voce e consapevolezza. Tuttavia questo processo, proprio dopo il concilio, sembra aver subito una flessione e nella situazione attuale, il professor Preziosi rileva una difetto di progettualità.

Non è terminata ancora quell’ “onda lunga” della crisi dell’associazionismo che aveva contribuito a creare e il clima culturale e teologico da cui sarebbe nato il Concilio. Addirittura, una teologa come Adriana Zarri, mostrava perplessità sulla natura e sull’esistenza dell’A.C., in quanto avrebbe potuto creare delle divisioni nella comunità ecclesiale ormai essendo chiaro che tutti i battezzati erano chiamati all’apostolato e alla missione.

Inoltre, la nascita tumultuosa di nuovi gruppi e movimenti, l’emergere di realtà di contestazione delle forme tradizionali di comunità ecclesiale, ha reso per alcuni anni quasi “opaca” la presenza dell’A.C. eppure, più che mai ora, è necessario uno studio attento per creare nuove forme di mediazione fra vangelo e storia, tanto più necessaria in un tempo che vede nell’evasione dalla realtà e dalla diffidenza verso la politica i segni di una sofferenza grave della democrazia, ma anche un deficit del particolare apostolato dei laici.

L’intervento di S.E. mons. Chiarinelli, incentrato sulla situazione locale, ha evidenziato come sin dall’episcopato di mons. Rinaldi e poi con i suoi successori mons. Migliorini, mons. Baratta e mons. Cavanna, la formazione dei laici fosse affidata univocamente all’A.C. con il fine di animare le comunità parrocchiali. Fu un cammino fecondo con il moltiplicarsi delle sezioni e delle attività, da queste premesse nacquero il sinodo del 1957 e, dopo il Concilio, i convegni pastorali i cui contenuti, scaturiti dall’immagine conciliare della chiesa, furono l’evangelizzazione, il rinnovamento della liturgia e della catechesi, la formazione dei laici, con un accento forte sulla crescita della loro identità e della loro vocazione.

L’azione pastorale di mons. Trabalzini portò poi alla nascita del movimento di Cursillos, delle comunità neocatecumenali, del movimento dello spirito. Queste realtà ecclesiali, seppur molto impegnate e vivaci, non riuscirono ad integrarsi nel quadro di insieme della pastorale diocesana, pur avendo permesso a molti laici di riscoprire la forza del vangelo e di sperimentare una via possibile di fede vissuta e professata.

Al termine dell’ampio dibattito resta aperta la ricerca del senso pieno che rende ancora viva e necessaria la presenza dell’AC ai tempi d’oggi. Una pista di analisi e di prospettiva sulle forme più idonee per dare concretezza a quella mediazione fra vangelo e storia, cui si faceva cenno, per essere ancora un segno tra le diverse forme culturali, per rispondere alle esigenze frammentate della vita, all’incontro tra le generazioni che abitano questo tempo, nello sforzo di fare sintesi tra fede e vita, tra piazza e campanile, avanzando ciascuno nella propria esistenza, che insieme a quelle altrui compone la storia di tutti, tenendo stretta tra le mani non solo la Bibbia ma anche il giornale.