Dalla caciotta al parmigiano

Ha sollevato un certo dibattito la tiritera su chi sia competente dello spostamento della famosa caciotta del Centro d’Italia. Fu messa in piazza San Rufo anni fa con altrettante polemiche. Erano questioni di buon gusto e proporzioni. Chiunque può rendersi conto della eccessiva grandezza del “latticino” rispetto alla contenuta e vetusta piazza.

La politica di qualche anno fa si misurava su come spendere i soldi pubblici; oggi su come non spenderli.

Il necessario intervenire di altri soggetti “facoltosi”, come le Fondazioni bancarie, arriva di conseguenza. Il problema, naturalmente, non è solo di Rieti.

Hanno ancora un senso le nostre istituzioni locali? I Comuni non hanno soldi, le Comunità montane vanno riviste dopo che fiumi di soldi sono stati “spesi” (eufemismo goliardico) male, le Province vanno accorpate, le Regioni sono colossi trita-soldi, molti dei quali sono finiti nelle ganasce mai satolle di politici che si sporcano la coscienza con centinaia di migliaia di euro di rimborsi che si accumulano con qualunque cosa, pure con gli scontrini del caffè raccolti in terra.

Ma hanno senso le nostre istituzioni locali? A ben vedere la risposta sembra essere no, anche se nessuno, al momento e con un po’ di raziocinio, se la può sentire di proporre uno smantellamento complessivo, un “tabula rasa” poi difficile da colmare.

Dai comunicati dei vari consiglieri che sostengono e che si oppongono alla attuale amministrazione comunale (molto ben scritti e pungenti al punto giusto quelli del consigliere di gruppo Misto Sonia Cascioli), sembrerebbe che il problema non siano solo i soldi, ma la democrazia, che è in una crisi senza precedenti. Sarà perché richiede tempi troppo lunghi?

Enti come le Fondazioni, invece, sono costituite da personalità eminenti della realtà sociale, ma che non oppongono nulla, votano per lo più all’unanimità e stanno lì non per elezione, ma per “chiamata diretta”.

Funzionano bene le Fondazioni perché hanno i soldi, ma anche perché non hanno bisogno di troppe formalità e di valutazioni di altra natura – almeno in apparenza – né di contrapposizione dialettica come il confronto democratico.

Però bisognerebbe andare a vedere come si è formato il ricco patrimonio di cui beneficiano queste realtà. Fiumi di soldi provengono da oculatissime e pluridecennali politiche bancarie. Gli istituti di credito hanno ben saputo speculare negli anni d’oro sui risparmi dei cittadini.

Sorvoliamo, ma ci sarebbe poco da sorvolare: sono i soldi del popolo pecorone, che ha sempre preso interessi ridicoli dai propri depositi bancari e che si è sempre visto applicare tassi di interesse sui prestiti ai limiti del sostenibile.

Come uscire da questa situazione? Le soluzioni potrebbero essere diverse.

I consigli di amministrazione delle Fondazioni potrebbero venire eletti dal popolo come quelli municipali, provinciali e regionali. Oppure si potrebbero formare i consigli comunali per cooptazione come accade per le Fondazioni. Magari le cose funzionerebbero meglio.

Oppure, perché no, imparando dalla Bibbia, potremmo eleggere ogni anno dei Giudici, al posto del Re e del Sindaco, che amministrano la cosa pubblica, la giustizia, le Fondazioni e poi se ne vanno a casa senza radicarsi troppo nel potere, cercando di fare del loro meglio.

Una cosa è certa, la caciotta deve diventare parmigiano, altrimenti si continua a rimanere in una grande incertezza, soprattutto nei nostri piccoli centri: le istituzioni sono tante e si occupano spesso di materie affini se non proprio delle stesse cose.

Ma si sa: in un caseificio, il procedimento per la produzione di due tipi diversi di formaggio, come la caciotta e il parmigiano, non è esattamente lo stesso, pure se il latte lo produce lo stesso animale.