Chiesa

Da un piccolo lembo di terra: 91 anni fa i Patti Lateranensi

La fine della Questione Romana apriva, 91 anni fa, un nuovo capitolo nella storia della Chiesa e una consapevolezza nuova circa il ruolo di guida spirituale che i Pontefici esercitano sul mondo intero. L’anniversario dei Patti Lateranensi è un promemoria anche sul fruttuoso, rispettoso dialogo fra istituzioni laiche ed ecclesiali

“Ha un senso ricordare ancora, a tanto tempo di distanza, l’evento maturato l’11 febbraio 1929 con la firma dei Patti Lateranensi?” La domanda compariva in un editoriale su L’Osservatore Romano in occasione dell’anniversario del 2013.“L’interrogativo è più che legittimo, proseguiva il quotidiano vaticano, se si considera quanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere (…) Fuor di metafora, se si pensa come si è trasformata la società italiana dal punto di vista culturale,politico, istituzionale; in quale misura la Chiesa stessa, nella sua dimensione giuridica ed istituzionale, si è venuta trasformando. Anche il contesto internazionale si presenta oggi con un volto assai diverso, si direbbe quasi irriconoscibile, rispetto a quello di allora”.

All’Eminentissimo Cardinale Pietro Gasparri,
Segretario di Stato
.

Signor Cardinale,

Voglia far portare al nuovo ufficio Nostro telegrafico il seguente testo per la immediata trasmissione:

 « A Sua Maestà Vittorio Emmanuele III Re d’Italia.

Il primo telegramma che mandiamo da questa Città del Vaticano è per dire a V. M. che lo scambio delle ratifiche delle Convenzioni Laterane è, grazie a Dio, da pochi istanti un fatto compiuto — quod prosperum felix faustum fortunatumque sit – è altresì per impartire di tutto cuore una grande e paterna apostolica benedizione alla M. V., alla Augusta Consorte, a tutta la Reale Famiglia, all’Italia, al Mondo. PIUS PP. XI ».

BenedicendoLa insieme col R. Plenipotenziario e con tutti i convenuti al solenne storico Atto.

7 Giugno 1929. Pius PP. XI

Così scriveva Papa Pio XI, in occasione delle rispettive ratifiche dei patti il 7 giugno 1929. 91 anni fa. L’Italia è ancora una monarchia, solo da pochi mesi si è chiusa la Questione romana, Mussolini è al potere da sette anni, il mondo langue in una gravissima crisi economica…

Ricordare oggi i Patti Lateranensi non significa dunque solo onorare un anniversario, ma ricordare la libertà e l’autonomia necessarie alla Chiesa per la sua missione nel mondo, in ogni tempo, in qualsiasi contesto storico e sociale. Lo ricordava Papa Paolo VI nell’udienza generale dell’11 febbraio 1976.

Perché vogliamo ricordarli? e perché lo facciamo con sentimenti di gaudio e di speranza? Perché essi ricondussero la pace, la pace religiosa specialmente, nel rispetto della mutua indipendenza, la Chiesa indipendente, lo Stato indipendente, e chiarì così i rapporti fra lo Stato e la Chiesa Cattolica, anzi fra la Nazione Italiana e la Santa Sede.

Papa Paolo VI ricordava implicitamente quanta tensione e quanta fatica fosse costata la pace fra Chiesa e Stato. Dietro i patti ci sono la Questione Romana, la breccia di porta Pia, la successiva legge delle guarentigie, il “non expedit” disposto da Papa Pio IX, ovvero l’astensionismo politico per i cattolici, le successive tensioni ideologiche….

Se dunque Chiesa e Stato agiscono oggi entrambi, ciascuno nel proprio campo e autonomamente per la libertà e la dignità dell’uomo, nei secoli passati questa distinzione non era affatto scontata… Lo chiarisce Papa Benedetto XVI.

Per chi opera quotidianamente a servizio della Santa Sede o per chi vive nell’Urbe è un dato di fatto scontato che esista nel cuore di Roma un piccolo Stato sovrano, ma non a tutti è noto che esso è frutto di un processo storico alquanto tormentato, che ne ha reso possibile la costituzione, motivata da alti ideali di fede e da lungimirante consapevolezza delle finalità a cui doveva soddisfare.

Siamo nel 2009, è il 14 febbraio, e Papa Benedetto rinnova il ricordo di quel lungo percorso, durante un convegno sull’80° di fondazione dello Stato della Città del Vaticano…

Aggiungendo il promemoria circa la sempre attuale importanza di questo minuscolo Stato…

La Civitas Vaticana è in verità un punto quasi invisibile sui mappamondi della geografia mondiale, uno Stato minuto ed inerme privo di eserciti temibili, apparentemente irrilevante nelle grandi strategie geopolitiche internazionali. Eppure, questo presidio visibile dell’assoluta indipendenza della Santa Sede, è stato ed è centro di irradiazione di una costante azione a favore della solidarietà e del bene comune. E non è forse vero che proprio per questo da ogni parte si guarda a questo piccolo lembo di terra con grande attenzione?

Vi si guarda con attenzione anche nei laicissimi e turbolenti anni settanta del XX secolo, nella generale ansia di rinnovamento, nel diffuso clima di contestazione, quando qualcuno incomincia a domandarsi se anche questi accordi nati con il  fascismo non siano da aggiornare.

Ben sappiamo che, mutate le condizioni storiche, quelle relazioni ufficiali devono essere sottoposte ad una equa e moderna revisione, alla quale la Sede Apostolica – è bene che lo sappiate – è pronta a dedicare la sua attenzione, solo augurandosi che i punti essenziali di quei Patti, relativi alla tutela della tradizione cattolica del Popolo Italiano e della missione religiosa propria della Chiesa Romana, ritrovino in questa revisione la loro leale ed amica conferma.

Così Paolo VI nella stessa udienza generale dell’11 febbraio 1976. Se nel 1929 il riferimento al cattolicesimo come unica religione di Stato era apparso un utile argine contro gli eccessi del regime, negli anni settanta si va aprendo la discussione sulla laicità dello stato…

Ma su questo la Chiesa era già avanti. Giovanni Paolo II, nella sua visita al Quirinale del 18 gennaio 1986, così si rivolge al Presidente Francesco Cossiga, citando la costituzione apostolica conciliare Gaudium et Spes del 1965…

Quando il primo magistrato della Repubblica Italiana e il Pastore universale della Chiesa si trovano l’uno di fronte all’altro, immediatamente emergono quelle ragioni di distinzione e di legittima autonomia nelle rispettive funzioni, di mutuo rispetto e di leale collaborazione, che costituirono il principio ispiratore dei Patti Lateranensi … A tale proposito, come è noto, il Concilio Vaticano II afferma: “La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo” .

Per la riformulazione definitiva dei Patti bisognerà però aspettare gli anni ottanta. In Italia è il periodo del governo Craxi. Anni di riflusso. Nel mondo, Reagan e Gorbaciov stanno sciogliendo il ghiaccio della guerra fredda. Il 18 febbraio 1984, nella splendida cornice rinascimentale di Villa Madama a Monte Mario, viene firmato il cosiddetto “Concordato bis”. Così lo ricorda Giovanni Paolo II all’Angelus del 19 febbraio 1984.

È un accordo che Paolo VI aveva previsto e favorito, come segno di rinnovata concordia tra la Chiesa e lo Stato in Italia, e che io considero di significativo rilievo come base giuridica di pacifici rapporti bilaterali e come ispirazione ideale per il contributo generoso e creativo che la comunità ecclesiale è chiamata a dare al bene morale e al progresso civile della nazione.

Ed ecco le novità più importanti rispetto al testo del 1929. Passato il principio della laicità dello Stato, è abolito l’obbligo dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche (divenuto così facoltativo). Le scuole cattoliche sono parificate alle scuole pubbliche. E’ abolita anche la “congrua”, il sostentamento economico dei sacerdoti da parte dello Stato, ed entra in vigore il sistema di finanziamento dell’8 per mille. Su altri versanti, si apre per lo Stato la strada delle “intese” con le altre Chiese. Negli ultimi instabili anni, col precipitoso cambiamento dei rapporti internazionali, il nuovo assetto mondiale, l’esplodere dei fondamentalismi, il tramonto delle ideologie totalizzanti e il riemergere dei nazionalismi, sembra tornare di attualità il faccia a faccia tra religione e politica, evidentemente nell’unica possibile ottica del dialogo e del reciproco rispetto.

Bene sintetizza l’orizzonte di questo scambio Giovanni Paolo II parlando al Presidente Pertini che gli fece visita in Vaticano appena pochi mesi dopo la firma del Concordato bis, il 21 maggio 1984.

Signor presidente, l’uomo, la persona umana, nelle sue meravigliose potenzialità, come nella sua fragilità (morale prima che fisica), è, in realtà, la grande “strada della Chiesa”. La Chiesa è consapevole che il messaggio proclamato per mandato di Cristo è esigente negli ideali e negli obblighi che comporta; ma è parimenti consapevole che esso serve la causa dell’uomo e fa crescere la persona umana. E la persona è anche la via che uno Stato democratico e aperto al futuro non può non percorrere se vuole veramente servire l’uomo. In tale convinzione so di essere in accordo con lei, signor presidente, come anche con gli uomini italiani responsabili della cosa pubblica. E sono certo che nei suoi frequenti contatti con la gente – e soprattutto con i giovani, che la circondano di tanta affettuosa fiducia – anche lei, signor presidente, avrà potuto avvertire, alla base di tanti e diversi interessi, una comune passione per l’uomo: per quella libertà e giustizia, valori distinti ma inscindibili, che sono necessari per il pieno sviluppo della personalità di ciascuno. Nonostante le difficoltà, i ritardi e talvolta i passi indietro, questo vasto e crescente impegno per il riconoscimento della eminente dignità della persona umana come fine di ogni istituzione pubblica, induce a ben sperare per il futuro del Paese.

Da Vatican News