Agricoltura

Da Marte al reatino, l’agricoltura idroponica che non conosce crisi

A Colle Cerqueto, in provincia di Rieti, c’è un’agricoltura che non conosce stagioni né crisi, marziana per Dna. È Ferrari Farm, impresa multifunzionale che accanto alla frutta biologica, completamente trasformata all’interno del ciclo produttivo aziendale, ha deciso di scommettere sull’agricoltura idroponica, letteralmente “senza terra”

A Colle Cerqueto, in provincia di Rieti, c’e’ un’agricoltura che non conosce stagioni ne’ crisi, marziana per Dna. È Ferrari Farm, impresa multifunzionale che accanto alla frutta biologica, completamente trasformata all’interno del ciclo produttivo aziendale, ha deciso di scommettere sull’agricoltura idroponica, letteralmente “senza terra”, e di produrre pomodori, basilico e piccole insalatine da taglio in due serre di 100 metri quadrati piu’ una vertical farm “sterili, piu’ pulite di una sala operatoria, completamente ermetiche e computerizzate, uniche in Europa”.

L’idea di coltivare ortaggi e verdure “all’interno di un materiale molto simile ad una spugna” ricreando artificialmente in serra specifici microclimi attraverso controllo di temperatura, umidita’ e luce, e’ nata durante una conferenza “in cui si parlava di come coltivare su Marte”, racconta alla Dire l‘imprenditrice e ingegnera, elettronica e astronautica, Giorgia Pontetti, 43 anni, che a Carsoli, in provincia de l’Aquila, produce anche apparati speciali nel settore aerospazio e difesa con la G & A Engineering. Due attivita’ che, nonostante la crisi causata dal Covid-19, non hanno mai smesso di produrre. “Siamo tra i fortunati che vendendo il trasformato non hanno avuto problemi- spiega- abbiamo risentito solo dei ritardi dei corrieri, ma, per fortuna, i nostri prodotti vivono tre anni a temperatura ambiente e abbiamo continuato a servire i nostri clienti”. Anche nell’azienda aerospaziale, dove sono occupate oltre 15 persone, tra ingegneri e fisici, “siamo riusciti a non mandare a casa nessuno”.

Unico ramo che ha risentito dello stato di emergenza sono la fattoria didattica, “con la cancellazione di tutte le attivita’ pianificate con le scuole fino a settembre”, e l’agriturismo a 5 girasoli “con la cancellazione di tutte le prenotazioni. Al momento- fa sapere l’imprenditrice- ne abbiamo solo una e riapriremo venerdi’”. E nella fase 2 l’unico vero cambiamento riguarda la ristrutturazione della sala ristorante: “Abbiamo preso la decisione drastica di ricostruire i nuovi tavoli, che facciamo noi in marmo e legno- fa sapere- Probabilmente li ricostruiremo della dimensione di un metro invece che 70 centimetri, in modo tale che due commensali possano stare senza avere davanti il divisorio in plexiglass, che in campagna lo trovo veramente brutto. Ho molto apprezzato l’idea nata a Pistoia di un separatore fatto di piante e nei tavoli all’aperto prenderemo spunto da questa idea e realizzeremo qualcosa del genere”.

Per il futuro “il rischio piu’ grande e’ che rimanga la paura e che le persone, terrorizzate dalla trasmissione del Covid, decidano di non viaggiare piu’– avverte Pontetti- Io invece spero sia l’opportunita’ per riscoprire il turismo locale, lento dei borghi delle province che nessuno conosce. Banalmente- racconta l’imprenditrice- la mia azienda era meta di olandesi e turismo del Nord-est Europa e poco del turismo nazionale. Mi auguro che questo Covid ci faccia vedere un’inversione di tendenza e che tanti italiani possano scoprire le aree interne e un turismo lento, di campagna”.

Nel frattempo l’ingegnera continua a fare ricerca e sperimentare. “Io credo molto nell’idroponica, la tecnica aggiunta all’agricoltura e’ la chiave di volta di domani- dice- Abbiamo realizzato un elettrodomestico, RobotFarm, una serra all’interno di una sorta di lavatrice che in modo automatico coltiva per te e che in questo momento vendiamo a 1.200 euro. Ci e’ venuto in mente di farlo in un container”. Idea ritenuta talmente valida che “la Difesa nazionale ci ha cofinanziato un progetto per cui a fine anno presenteremo un prototipo che interessa anche all’Esercito. Abbiamo vinto anche un finanziamento dal ministero dell’Universita’ e ricerca scientifica- racconta ancora l’ingegnera- per fare un container per la coltivazione di zafferano di altissima purezza, che possa essere utilizzato da una parte dall’industria farmaceutica, per curare e arrestare la maculopatia retinica, e dall’altra potrebbe essere un nuovo modo per rilanciare la coltivazione dello zafferanno a Navelli in Abruzzo, uno dei piu’ buoni in Italia, che pero’ dai giovani non viene piu’ coltivato perche’ e’ fatica. Noi facciamo ricerca tutti i giorni perche’ crediamo che sia il futuro- conclude- Il futuro e’ mettere le tecnologie anche dove nessuno ha mai pensato. In agricoltura, per fare in modo che i giovani la vedano come una sfida possibile e tornino a coltivare le terre, magari pure in modo nuovo”.

da dire.it