Cyberbullismo: un punto di partenza

La legge, approvata qualche settimana fa, è un primo passo importante, per aiutare i giovani a difendersi da questa nuova diffusissima minaccia, ma certo è una legge che deve però essere intesa come un punto di partenza e che può dare il meglio di sé solo con l’impegno di tutti gli attori coinvolti, tra i quali soprattutto la scuola e la famiglia

È finalmente stata approvata qualche settimana fa la legge sul cyberbullismo, dopo un iter lungo e faticoso (è durato anni). Nonostante, infatti, la Camera abbia approvato il testo con 432 voti favorevoli, zero contrari e un solo astenuto, la legge era stata rimbalzata per tre volte tra il Senato e la Camera stessa.
Si tratta di un punto di partenza, come ha ribadito la relatrice del testo originale Elena Ferrara, senatrice Pd e docente di Carolina Picchio, la 14enne di Novara che nel 2013 si suicidò in seguito alla condivisione di un video hot che la vedeva protagonista. Ed è proprio a Carolina che anche la presidentessa Laura Boldrini ha pensato prima di avviare il voto a cui ha assistito anche il padre della giovane.

Il primo apporto della legge è la definizione di cyberbullismo, che entra nel nostro ordinamento giuridico, al pari di una forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, diffamazione, alterazione, manipolazione di dati illeciti e dell’identità. Viene enfatizzato l’aspetto della diffusione online con lo scopo di isolare o umiliare la vittima. Si parla, poi, molto di prevenzione. In quest’ottica la legge mette al centro la scuola, ognuna dovrà designare un referente, un docente che dialogherà con le associazioni regionali e, se necessario, con le forze dell’ordine. Inoltre gli istituti, sotto la guida del Miur, devono avviare piani di formazione all’uso di internet e misure per sensibilizzare gli studenti. I presidi dovranno informare subito le famiglie delle vittime, obbligo che però va rispettato solo in quei casi che non costituiscono reato. I minorenni vittime di cyberbullismo possono chiedere la rimozione di contenuti sconvenienti apparsi sul web, così come possono farlo i loro genitori. Se il gestore non dà seguito entro 48 ore, subentra il Garante per la privacy con l’intento di riuscire a oscurare il contenuto entro le 48 ore successive. C’è però da sottolineare che il termine “gestore” non contempla né i provider, né i motori di ricerca. Il questore è eventualmente chiamato ad ammonire il cyberbullo, così come già accade nel quadro normativo dello stalking. La presidenza del Consiglio è chiamata a varare un tavolo per individuare e attuare una strategia utile a prevenire e contrastare il cyberbullismo, creando anche una banca dati per monitorarlo.

È un primo passo importante, per aiutare i giovani a difendersi da questa nuova diffusissima minaccia, ma certo è una legge che deve però essere intesa come un punto di partenza e che può dare il meglio di sé solo con l’impegno di tutti gli attori coinvolti, tra i quali soprattutto la scuola e la famiglia. È stato, però, sottolineato che al testo manca ancora qualcosa, non c’è infatti nessun riferimento a chi filma e condivide gli atti vessatori, l’io narrante del cyberbullo, il testimone silente e passivo. E inoltre anche i fondi stanziati per la prevenzione sono ancora insufficienti. Un limite ancora più rimarcato se si considera che lo scopo della legge è, in primis, quello di formare e sensibilizzare, ancora prima di reprimere e punire.