Cyberbullismo in fuorigioco

Avviata la consultazione pubblica sulla bozza di autoregolamentazione

Sono ormai quasi quotidiani i casi di cronaca che raccontano di giovani ragazzi che, spesso nella loro fragilità adolescenziale, rimangono vittime di atti di bullismo attraverso la Rete; storie di vittime di violenze, che a volte ricorrono addirittura a gesti estremi. L’Italia ha deciso di mettere un freno a questi episodi ed ha avviato una consultazione pubblica su una bozza di Autoregolamentazione contro il cyberbullismo.

Il “caso Vividown” è stato uno dei primi episodi di bullismo in Rete e, certamente, il primo che ha reso noto all’opinione pubblica italiana il problema. È il 2006, quando su Google Video (un servizio di pubblicazione e condivisione di filmati assimilabile al più noto Youtube e, come quest’ultimo, appartenente alla società di Mountain View) viene diffuso un video in cui un giovane studente disabile di Torino veniva vessato e malmenato da un gruppo di compagni di scuola. A seguito della denuncia di ViviDown (un’associazione onlus), ha inizio l’iter processuale contro tre manager di Google Italia, condannati, nel febbraio del 2010, per violazione della privacy e poi assolti dalla Corte d’Appello, nel gennaio del 2013, “perché il fatto non sussiste”.

Sulla spinta di un altro caso mediatico, l’allora Governo Berlusconi, nel 2010, aveva già tentato di varare un “Codice di autodisciplina a tutela della dignità della persona sulla rete Internet”. Un’iniziativa degli allora Ministri Maroni (Interni) e Romani (Viceministro alle Comunicazioni) per rispondere agli episodi di incitazione alla violenza che avevano fatto seguito all’aggressione per mano di Massimo Tartaglia ai danni di Silvio Berlusconi: dopo il lancio della statuetta in piazza Duomo, contro l’allora premier, erano comparsi su Facebook diversi gruppi come “Grazie, Massimo Tartaglia” o “Tartaglia for President”. Il tentativo di codice di condotta, però, non ebbe seguito.

Ora l’Italia ci riprova e sembra intenzionata ad arrivare fino in fondo. La bozza di Codice di Autoregolamentazione, approvata lo scorso 8 gennaio, è il risultato di un tavolo di lavoro presieduto dal Vice Ministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà a cui partecipano rappresentanti delle Istituzioni (MiSE, AGCom, Polizia Postale e delle Comunicazioni, Direzione Centrale della Polizia Criminale, Autorità per la Privacy, Garante per l’infanzia e Comitato Media e Minori), delle Associazioni (Confindustria Digitale, Assoprovider, ecc.) e degli operatori (Google, Microsoft, ecc.). Un documento, dunque, che è già il risultato di un lavoro condiviso con i principali attori interessati e sul quale c’è una forte volontà politica. A conferma dell’impegno, il responsabile della consultazione pubblica, il cui testo è ora disponibile per i commenti di tutti i soggetti interessati che hanno tempo fino al 24 febbraio per farli pervenire al MiSE, è Antonio Amendola (Consigliere del Vice Ministro).

La bozza prevede un ruolo attivo degli operatori, che volontariamente aderiranno al Codice, che dovranno realizzare campagne di sensibilizzazione e pulsanti per le segnalazioni. A preoccupare alcuni osservatori sono, però, il meccanismo di “pronto intervento” per rimuovere entro due ore i contenuti violenti e la possibilità che gli operatori possano “attuare apposite politiche che consentano alle Autorità competenti di risalire all’identità di coloro che utilizzano il servizio per porre in essere comportamenti discriminatori e denigratori con l’intento di colpire o danneggiare l’immagine e/o la reputazione di un proprio coetaneo”.