Cultura ed economia: città pronta al De profundis?

Avrà pure tanti difetti, ma non si può di certo dire che a Rieti manchino le proposte culturali. Gli attori sono diversi: nonostante la cassa pianga, ad esempio, il Comune qualche iniziativa ancora la prende. E lo stesso si può dire degli altri enti. Anche gli uffici della Diocesi – come sanno i nostri lettori – offrono spesso e volentieri spunti ed argomenti. Per non parlare della Fondazione Varrone, che in questi anni ha finanziato un bel po’ di cose, compreso il polo culturale di Largo San Giorgio, attualmente in pausa forzata.

Ma nonostante questi sforzi la città sembra rimanere come tramortita, sonnolenta, sostanzialmente indifferente. È vero che quando questi prodotti sono ben pubblicizzati si ottiene anche un qualche successo in termini di presenze, ma nei fatti lo sforzo profuso in festival, stagioni al teatro, convegni ed altri eventi sembra vissuto più sul piano dell’intrattenimento che su quello della crescita culturale.

Lo si vede anche dal poco dibattito che esiste in città: è vero che non ci si può sempre occupare della Critica della Ragion Pura, ma da qualche tempo si vola piuttosto basso. Ed invece di remare controcorrente, pure i giornali – che sono pur sempre il più popolare degli agenti culturali – sembrano adeguarsi.

Questo però non vuol dire che sia giunto il tempo di cantare l’ennesimo De profundis alla città. Non mancano infatti movimenti culturali autonomi di qualche interesse. Non ci metteremo a fare l’elenco: si possono identificare nelle proposte fatte da alcune associazioni, dalle librerie cittadine e da movimenti e collettivi di varia natura. Hanno sicuramente una dimensione più piccola e meno mezzi a disposizione, ma non manca la qualità ed il pubblico di queste iniziative dal basso sembra caratterizzato da un maggiore piacere e da una convinta partecipazione.

Va da sé che non si può guardare alla vita culturale della città senza tenere conto di quella economica. Anche solo un veloce sguardo alla storia ci mostra come le società più prospere siano spesso state anche quelle culturalmente più felici. Ma non è detto che il rapporto di causa-effetto sia sempre a senso unico: potrebbe darsi anche il caso del circolo virtuoso. È vero infatti che la forza economica permette di avere maggiori risorse da investire nella vita intellettuale, ma è anche vero che un contesto culturalmente ricco è necessario al farsi avanti di nuove idee e soluzioni, utili anche allo sviluppo economico.

Nella situazione attuale di Rieti, allora, viene da chiedersi se al di là dei necessari investimenti, alla città non occorra anche una sorta di rinascimento culturale. Un processo che forse si potrebbe avviare cercando di mettere in comunicazione – per quanto possibile – le diverse proposte culturali.

Alla città pare infatti mancare un tessuto connettivo tra le piccole iniziative indipendenti e cartelloni istituzionali che – senza nulla togliere alla qualità – troppo spesso sembrano il prodotto degli interessi e delle amicizie degli intellettuali di corte.

Quale soggetto possa operare questa ricucitura rimane però un problema. Anche perché a sua volta non può certo essere il compito di una persona o di un’organizzazione. Si tratta semmai di compiere uno sforzo collettivo, di creare un clima, un modo di pensare, una consapevolezza ed un approccio alla situazione. Un movimento che nel bel mezzo della frammentazione attuale sembra più improbabile che difficile. Ma non per questo siamo esentati dal farci costruttori di ponti, dal metterci in cerca del dialogo e dal criticare con il sorriso la dilagante stupidità. In fondo qualunque grande impresa è stata pur sempre compiuta un passo alla volta. E non è raro che alla buona volontà corrisponda il successo.