Cuccarini e Iorio: al MeWe due testimoni dell’amore “scelta per sempre”

Viveva in una famiglia un po’ “così”, Lorella Cuccarini, dove il papà se ne era andato e la mamma ha dovuto fare tutto. Ricca di valori, ma con quella mancanza, con quel sentirsi un po’ diversi che lei, da bambina, soffriva nel confrontarsi con le altre famiglie tutte “regolari”. Ma il crescere con i sani valori da una parte e l’avere nostalgia di famiglia “tradizionale” dall’altra l’ha portata a fare del tutto per mettere su una famiglia che oggi, a differenza di allora, sembra più l’eccezione.

Confidenziale al massimo, “la più amata dagli italiani”, nel parlare ai giovani del Meeting e nell’offrire la propria testimonianza su una vita spesa nell’amore. Lei sognava una famiglia felice, e ha fatto del tutto per averla, nella piena normalità. Lei che appartiene, professionalmente, a un mondo, come quello dello spettacolo, in cui certe cose non sono poi così scontate. E lei, raggiunto l’apice del successo nazional-popolare, ha capito che «felicità non è il successo. Vita piena l’ho sentita quando, con il mio sposo, ho costruito un progetto di vita». Perché, ha detto la Cuccarini, «nel matrimonio si sperimenta il crescere, l’insegnare. E se il mondo di oggi ci fa pensare a ciò che “ci fa star bene”, su di me, con l’esperienza di vita familiare, ho sperimentato gioia piena solo nella misura in cui mi sono saputa offrire agli altri».

Che cosa in comune con la vita decisamente “sopra le righe” di fra Paolo Iorio? Il donare amore. Lo ha fatto, il religioso italo-americano, nella sua forma di consacrazione totale che ha seguito radicalmente l’ideale francescano nel condividere le miserie dei più poveri fra i poveri. «E questo si può fare senza famiglia. Un padre e sposo di famiglia non può lasciare tutto, non avere nulla, ritornare a casa con i pidocchi presi dai bambini di strada». Quell’amore che gli sposi donano creando una famiglia lui l’ha donato a una famiglia allargata ai tanti bisognosi che ha incontrato dopo una conversione alla san Francesco, anche se alle spalle più che l’agiatezza dei lussi di Pietro Bernardone si è lasciato la ribellione totale di tipo sessantottino, lui rampollo di famiglia operante all’ambasciata Usa di Roma contro cui, insieme agli amici, lanciava sassi per protestare contro la guerra del Vietnam. «E questo era giusto, i nostri genitori che pure lavoravano lì erano d’accordo con questa nostra opposizione».

Poi però sono arrivati i tanti peccati di gioventù che, come Francesco, anche lui immaginava non sarebbero potuti essere perdonati. E invece ha trovato perdono, ha trovato amore, e decise di abbracciare la consacrazione dell’amore totale. Lui che immaginava che vita piena fosse amore libero, droghe senza limiti, l’esperienza sregolata e ribelle. Finché, solo, nel deserto americano in cui stava, ha sentito che l’unico che poteva invocare era Dio. E in carcere, «davanti al poliziotto che mi aveva arrestato con estrema violenza, ho vissuto la capacità di voler bene a lui. Non ero io, era Dio!».
Sia la donna di spettacolo, con il suo testimoniare oltre 25 anni di vita matrimoniale con l’ideale che «ci si sposa in tre, il terzo è Dio», sia il prete di strada, che nel suo farsi prossimo dei bambini più abbandonati e dei barboni disprezzati da tutti ha voluto testimoniare che solo un amore che viene dall’altro ti rende capace di compiere cose incredibili, hanno ribadito, nell’interloquire con i giovani di “MeWe 2017”, l’importanza di scelte che siano “per sempre”.