Crisi politica in Paraguay. Mons. Romero: “La Chiesa è stata decisiva per risolvere la situazione”

Poteva accadere che la violenza divampasse. O che le proteste venissero represse, con l’approvazione della riforma a tappe forzate. Ha vinto invece la democrazia, che pure nel Paese resta giovane e fragile. E l’autorità morale della Chiesa ha avuto, appunto, un ruolo fondamentale e da tutti riconosciuto. Prima, nel criticare il progetto di riforma (nel metodo, più che nel merito) e nel prendere la difese del diritto a manifestare da parte della gente e soprattutto dei giovani universitari. Poi, nell’esortare tutte le parti in causa ad evitare qualsiasi violenza

“Sì, possiamo dirlo. La Chiesa è stata decisiva per risolvere questa situazione, e soprattutto lo è stato l’appello di Papa Francesco”. Appare sereno e sollevato, dall’altra parte della videochiamata, mons. Joaquín Hermes Robledo Romero, vescovo di San Lorenzo e segretario generale della Conferenza episcopale del Paraguay (Cep). Il Paese latinoamericano ha vissuto un mese ad alta tensione, dopo le manifestazioni di piazza di inizio aprile e gli scontri che hanno anche provocato una vittima. Il motivo del contendere: il progetto di riforma costituzionale promosso dall’attuale presidente Horacio Cartes, che prevedeva la possibilità di una sua ricandidatura (ma anche quella dell’ex presidente Lugo) alle Presidenziali del prossimo anno. Una forzatura, quella del presidente (esponente del Partido Colorado, di orientamento conservatore), che non era piaciuta a molti, e neppure alla Chiesa cattolica che era intervenuta in un paio di occasioni per chiedere che l’iter di riforma potesse essere condiviso e dibattuto nel paese.

Il ruolo della Chiesa nella pacificazione. Poteva accadere che la violenza divampasse. O che le proteste venissero represse, con l’approvazione della riforma a tappe forzate. Ha vinto invece la democrazia, che pure nel Paese resta giovane e fragile. E l’autorità morale della Chiesa ha avuto, appunto, un ruolo fondamentale e da tutti riconosciuto. Prima, nel criticare il progetto di riforma (nel metodo, più che nel merito) e nel prendere la difese del diritto a manifestare da parte della gente e soprattutto dei giovani universitari. Poi, nell’esortare tutte le parti in causa ad evitare qualsiasi violenza. E nel convocare in tutto il Paese una giornata di digiuno e preghiera. Infine, nel sedersi da protagonista alla Mesa de dialogo (il tavolo dei negoziati), attivato per uscire dall’impasse.

Riforma definitivamente affossata. L’atto finale della vicenda c’è stato mercoledì 26 aprile, quando la Camera ha definitivamente affossato il disegno di legge di riforma: la mozione ha ricevuto 78 voti a favore, un’astensione e nessun voto contrario. Un esito che già era apparso prevedibile nel momento in cui, subito dopo Pasqua, il presidente Cartes aveva deciso di non ricandidarsi comunque, proprio attraverso una lettera all’arcivescovo di Asunción e presidente della Conferenza episcopale paraguaiana, mons. Edmundo Valenzuela. Cartes ha dichiarato di essersi ispirato, nel compiere questo gesto, al messaggio del Papa dello scorso 2 aprile, nel quale il Santo Padre chiedeva di cercare instancabilmente soluzioni pacifiche per il futuro del Paese, evitando qualsiasi situazione di violenza.

Sradicare povertà e violenza le vere priorità. Conferma mons. Robledo: “Ora la situazione è calma. Ma la preoccupazione di noi vescovi è stata forte. Abbiamo pregato molto e nel momento più difficile abbiamo fatto appello a tutto il Paese, perché prevalessero il reciproco rispetto, l’unità della nazione. Poi sono arrivate le parole del Papa, il quale chiedeva di cercare soluzioni politiche”. Un momento importante si è vissuto al tavolo dei negoziati, anche se, precisa il segretario generale della Cep, “non tutte le forze politiche di opposizione vi hanno aderito”. Certo, è stata importante la partecipazione di mons. Valenzuela. “Va poi sottolineato il gesto del Presidente, la sua rinuncia alla candidatura alle prossime elezioni. Una scelta generosa, la sua”. Mons. Robledo spiega la posizione assunta dalla Chiesa in merito alla proposta di riforma che ormai appartiene al passato: “La Chiesa paraguagia ha invitato a rispettare la Costituzione ed ha richiamato alla prudenza. La Costituzione ha bisogno di alcuni cambiamenti, si può discutere anche sui due mandati presidenziali, ma quello scelto non era il momento. Sono necessari il coinvolgimento e la partecipazione del popolo”. Ma la vera emergenza, nel Paese, è sociale: “Penso al diritto alla salute, all’alimentazione per tutta la popolazione. Il 20% degli abitanti del nostro Paese vive in povertà estrema. Altri problemi sono l’aumento della violenza e del narcotraffico”.

Giovani, segno di speranza. Il vescovo vede anche un grande segno di speranza: l’apporto dei giovani alla Chiesa e alla società, proprio mentre da qualche mese è iniziato il Triennio della Gioventù indetto dalla Chiesa del Paraguay dopo la storica visita di Papa Francesco, avvenuta quasi due anni fa: “Come Chiesa abbiamo posto una grande enfasi sul ruolo dei giovani. Dobbiamo dire che nelle manifestazioni pacifiche delle scorse settimane i giovani, gli studenti, erano la maggioranza. Va sottolineato il loro ruolo di coscienza critica e la loro capacità di non scendere nel terreno della violenza. In Paraguay sta nascendo una bella gioventù”.