A cosa (e come) crediamo di credere / 3

Eccoci arrivati al terzo appuntamento della nostra inchiesta sul rapporto tra chiesa e giovani. Questa volta ci dedicheremo alle scelte e alle opinioni di nostri conoscenti, in relazione al catechismo e all’insegnamento della religione.

Chi non ha un ricordo piacevole riguardo al periodo del catechismo in parrocchia? Gli scherzi con i compagni non mancavano e poi a quel età tutto sembra un gioco divertente. In più si imparavano cose realmente nuove e utili, anche soltanto per capire meglio la messa.

Già con il catechismo per la cresima le cose si fanno più grigie. Poca importanza alla cerimonia, di più ai regali. Questo aumentato cinismo è testimoniato da molti ragazzi e forse riguarda la naturale spavalderia dell’adolescenza.

Le note dolenti iniziano alle superiori nell’ora di religione. Molte classi semplicemente non fanno lezione. Non nel senso che non c’è un professore, ma quello che dice viene del tutto ignorato dalla maggioranza degli studenti. Se va bene questa materia viene considerata una formalità da rispettare raggiungendo la media del sei, comunque meno importante delle altre.

Questa profonda differenza è spesso evidente nei discorsi tra ragazzi. Anche se tutti vanno a scuola, gli argomenti usati a proposito di temi legati a Dio o alla religione dipendono sempre o quasi dalla formazione extrascolastica.

Chi magari ha fatto tesoro del catechismo o ha continuato un percorso in parrocchia difende, se non ostenta, il proprio credo. Gli altri si appiattiscono sui soliti luoghi comuni. Lo stesso vale per i non credenti che hanno potuto o meno articolare il proprio pensiero. L‘unica costante è la mancanza di strumenti condivisi per capire e affrontare simili temi.

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci