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Coronavirus, quarantena per i positivi, esperti divisi

Sono ancora molti gli interrogativi che pone la gestione ordinaria della pandemia di Covid-19, che comincerà venerdì 1° aprile dopo la scadenza dello stato di emergenza

Sono ancora molti gli interrogativi che pone la gestione ordinaria della pandemia di Covid-19, che comincerà venerdì 1° aprile dopo la scadenza dello stato di emergenza. Uno di questi è il mantenimento della quarantena per 7 giorni per coloro che risulteranno positivi al Sars-CoV-2. L’andamento dei casi si mantiene abbastanza stabile negli ultimi 7 giorni, secondo le rilevazioni della Fondazione Gimbe, ma fa discutere la riduzione del ricorso al Green pass. Dalla Agenzia europea dei medicinali (Ema) è giunta l’approvazione di nuovi farmaci monoclonali, da somministrare a pazienti immunocompromessi che risultano sviluppare scarsa risposta anticorpale al vaccino. E uno studio argentino “rivaluta” in positivo i vaccini a vettore virale di Cina e Russia, Sinopharm e Sputnik.

«Ci troviamo in un plateau di nuovi casi giornalieri di contagio – osserva Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe –, che si sono stabilizzati ormai da circa sette giorni attorno a quota 70-71mila. Verosimilmente questo prelude a una discesa della curva». Secondo l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco (Università del Salento) assistiamo a «una seconda ondata di Omicron, più lieve rispetto alla prima. Possiamo quindi gestirla bene con mezzi ordinari. E tra questi c’è l’isolamento dei positivi. È più che condivisibile il mantenimento della quarantena di 7 giorni per i positivi». Prefigura «un picco durante le feste pasquali» Fabrizio Pregliasco (Università di Milano), «ma a fine maggio le cose dovrebbero migliorare». Convinto che «ci sia meno attenzione alla diagnosi di Covid» è Massimo Andreoni (Policlinico Tor Vergata di Roma), ma ritiene che «sette giorni di isolamento possono essere sufficienti».

Lamenta che nel mondo si vada «in ordine sparso» Maria Rita Gismondo (Ospedale Sacco di Milano): i Centers for Disease Control (Cdc) americani ne chiedono 5, nei vari Paesi europei si trovano altri intervalli, ma i 7 giorni confermati in Italia sono «un buon intervallo di tempo precauzionale», conclude. Contrario ad alcune norme (troppo burocratiche) è Matteo Bassetti (ospedale San Martino di Genova), che propugna maggior affidamento all’autocontrollo personale. i 7 giorni di quarantena sono «una decisione di pancia che non ha nessun fondamento – obietta Bassetti –, una misura uguale per tutti» a priori: «Il ritorno in comunità dopo la positività deve avvenire dopo tampone negativo e questo può accadere anche dopo due giorni di isolamento».

Ma la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), attraverso il presidente Claudio Mastroianni, ribadisce che «con la diffusione di Omicron 2 non è pensabile di ridurre i giorni di quarantena dei positivi». L’abolizione del Green pass rafforzato in alcune circostanze «è stato un errore» commenta l’infettivologo Massimo Galli (già all’ospedale Sacco di Milano): «Così hanno vinto i no vax e abbiamo ridotto l’incentivazione alla vaccinazione». Contrario ad abolire il Green pass anche Mauro Minelli (Fondazione per la medicina personalizzata), che richiama la necessità di vaccinarsi. E la Fondazione Gimbe lancia l’allarme sulla bassissima copertura delle quarte dosi: poco meno del 7% per gli 800mila immunocompromessi (pur con grandi differenze tra le Regioni).

AstraZeneca rende noto che l’Unione Europea ha autorizzato l’immissione in commercio (dopo il parere favorevole dell’Ema) della combinazione di anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione tixagevimab e cilgavimab (autorizzati in Italia per l’uso di emergenza il 26 gennaio). I farmaci forniscono una protezione preventiva contro il Covid-19 per persone over12 che non hanno ottenuto adeguata immunizzazione dal vaccino. Nella Ue sono circa 3 milioni: persone o immunocompromesse o in trattamento con farmaci immunosoppressori.

Materia di dibattito è uno studio promosso dal ministero della Salute dell’Argentina, e pubblicato su Lancet, che ha messo a confronto vaccini somminstrati a 1,2 milioni di persone: Sputnik V (687mila), AstraZeneca (358mila) e Sinopharm (237mila). Dalla ricerca, mentre nel Paese circolavano le varianti Gamma, Lambda e Alfa, emerge che «nelle persone di età pari o superiore a 60 anni la vaccinazione con Sputnik, AstraZeneca e Sinopharm, è stata efficace nella prevenzione dell’infezione e del decesso».

da avvenire.it