Contrasti sul diritto d’autore

La Corte di Giustizia dell’Ue potrebbe restringere il campo d’applicazione del Regolamento

È ancora bagarre attorno al “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” (ai più noto come Regolamento sul diritto d’autore on-line) dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom). In attesa che la Corte Costituzionale, chiamata in causa dal Tar del Lazio, si pronunci sulla questione di “illegittimità del regolamento”, tra pronunce Ue e nuove denunce, si aprono nuovi fronti per l’Autorità.

Sul fronte europeo, la recente decisione della Corte di Giustizia dell’Unione potrebbe restringere di molto il campo di applicazione del Regolamento. La pronuncia nasce da una denuncia di una società tedesca contro due propri concorrenti, rei di aver inserito sui loro siti un video promozionale della denunciante. I giudici di Lussemburgo hanno così sancito un principio decisamente innovativo: il cosiddetto embedding, ovvero incorporare nel proprio sito internet un video pubblicato online su un altro sito attraverso un link, non equivale “comunicare al pubblico” e, quindi, non richiede nessuna autorizzazione o licenza da parte dell’autore. Insomma nessun Copyright. Per Guido Scorza, avvocato esperto di diritto d’autore on-line, la “decisione è destinata ad avere un impatto significativo anche in materia di enforcement dei diritti di proprietà intellettuale”: “se embeddare un video non significa utilizzare altrui diritti d’autore – spiega Scorza -, né l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, né alcun Giudice potranno più contestare al gestore di un sito web che si limiti ad embeddare contenuti altrove pubblicati, la violazione dei diritti d’autore”.

Per l’Autorità il fronte interno nazionale non va di certo meglio. Il ricorso proposto da Altroconsumo, Movimento difesa del cittadino, Assoprovider e Assintel innanzi al Tar Lazio si era concluso, il mese scorso, con un rinvio alla Corte Costituzionale: i giudici amministrativi avevano rimandato alla Corte la decisione in merito alla questione di “illegittimità”. Un pareggio, in sostanza, a fronte del quale, in attesa della decisione, ci si sarebbe potuti aspettare un periodo di tregua. Le Associazioni dei consumatori coinvolte nel ricorso, invece, hanno deciso di diffidare AGCom a continuare l’applicazione del Regolamento nelle more della decisione della Corte Costituzionale. La diffida non è solo un’operazione di comunicazione, ma punta dritta ai portafogli: è stata inviata all’AGCom, alla Fondazione Bordoni (che fornisce il supporto informatico per l’applicazione del Regolamento) ed alla Sezione Centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, a cui le associazioni chiedono l’acquisizione di tutti i documenti inerenti l’applicazione del Regolamento all’esame della Consulta. In sostanza le Associazioni evidenziano che l’applicazione del Regolamento ha costi non trascurabili (come ad esempio “il già avvenuto trasferimento di circa 533.958,88 euro alla Fondazione Bordoni”) e se la Corte Costituzionale lo dichiarasse illegittimo si tratterebbe di uno spreco di risorse pubbliche. “Se la Consulta giudicasse incostituzionale il Regolamento AGCom, l’Autorità – si legge in una nota delle Associazioni – potrebbe essere costretta al risarcimento dei danni da lesione di diritti costituzionalmente tutelati di tutti i soggetti colpiti dagli ordini di rimozione e degli operatori costretti in base alla norma e a proprie spese al blocco dei contenuti. Per questi motivi l’AGCom deve sospendere in autotutela l’applicazione del Regolamento”.