“ConfrontiamoCi”, Forti (Caritas): per l’integrazione è necessario un piano europeo

Il convegno nazionale degli operatori Sprar sul tema “ConfrontiamoCI”, promosso a Rieti dal Comune e organizzato dalla Caritas diocesana per il 18 e 19 maggio, ha visto anche il prezioso contributo di Oliviero Forti, direttore del settore Immigrazione della Caritas Italiana, che ha aiutato i tanti arrivati da tutta Italia come si stia affrontando il tema dell’integrazione a livello di sistema Paese, ma anche su scala continentale.

La grande sfida di oggi è l’accoglienza: cosa occorre fare?

Occorre cercare di trovare tutte le strade possibili perché le persone che hanno deciso – o loro malgrado sono costrette – di stare in Italia abbiamo la possibilità di una vera integrazione. Come qualcuno ha detto durante il convegno vuol dire una casa, un lavoro e una tutela per sé e per la propria famiglia. È evidente che in questa fase storica è tutto più complicato: c’è una crisi che ha sottratto lavoro a molti italiani, non permette loro di accedere ad una abitazione, e ha anche ridotto le tutele sanitarie. Questo fa sì che i migranti e richiedenti asilo vengano visti come i vulnerabili tra i più vulnerabili. Per questo c’è forse il bisogno di un sostegno maggiore: non possono contare su reti familiari, amicali o di altra natura. Su questo l’impegno delle organizzazioni è proprio quello di percorsi di integrazione che siano realmente sostenibili.

Un punto centrale emerso dal convegno è la necessità di modificare il Regolamento di Dublino…

Il sistema di Dublino è un pezzo importante di questa vicenda perché la possibilità – adesso prevista nell’Agenda europea con il sistema delle quote – di redistribuire queste persone in Europa, evitandogli ulteriori viaggi della speranza, significa poter lavorare per la corretta integrazione. Non può più essere immaginata come integrazione in Italia, Francia, Spagna o Germania, ma dev’essere pensata come integrazione europea. Molti arrivano con l’idea chiara di raggiungere familiari o amici o parenti che sono in giro per l’Europa e noi dobbiamo agevolare questo processo, innanzitutto modificando “Dublino”.

È stato interessante vedere tanta gente riunita a Rieti per affrontare questo problema…

Certamente il tema desta molto interesse. Devo dire che sul piano nazionale e internazionale questo interesse è spesso relegato ai temi della sicurezza. Esperienze come quella di Rieti, che nascono dal basso, invece vanno in un senso completamente opposto. Cioè vivere questo fenomeno, che ha un carattere ed una natura epocale, in maniera realistica, pragmatica, con l’idea che nessuno potrà arrestare questi flussi: bisogna saperli governare, e in questo c’è spazio anche per una buona politica di integrazione. Ed è questo è quanto si sta cercando di mettere a fuoco a Rieti.