Festa della patrona, don Lorenzo Blasetti: «i santi sono un dito puntato verso Cristo»

“Coda” liturgica per la festività di santa Barbara, posticipata a lunedì 5 per via del prevalere dell’Avvento sulla solennità cittadina. Se a livello civile la ricorrenza della patrona è rimasta il 4, liturgicamente le celebrazioni eucaristiche di tale giorno sono state quelle della II domenica di Avvento.

Per onorare la martire ci si è così dati appuntamento lunedì pomeriggio, come comunità ecclesiale cittadina, nella chiesa di Santa Barbara in Agro a Chiesa Nuova, dove sono convenuti quasi tutti i parroci della zona pastorale di Rieti per concelebrare l’eucaristia sotto la presidenza del vicario di zona don Lorenzo Blasetti: prima occasione – ha detto poi il parroco ospitante, don Fabrizio Borrello, nel rivolgere il saluto alla fine della celebrazione – di incontro per la nuova realtà che, secondo la revisione delle articolazioni del territorio diocesano voluto dal vescovo Pompili, ha raggruppato le tre preesistenti vicarie di Rieti città.

Un’oretta di preghiera, nella parrocchiale a Chiesa Nuova, per quanti, fedeli del luogo e delle altre parrocchie reatine, hanno raccolto l’invito a unirsi nella Messa in onore di santa Barbara, animata dal locale coro parrocchiale diretto da suor Giuditta. A partire dalle letture proclamate, don Lorenzo, nell’omelia, ha messo in evidenza il vero senso della venerazione dei santi, ricordando che occorre evitare due rischi: il «considerarli degli eroi e quindi sentirli lontani e inimitabili, dimenticando che ogni cristiano è tale quando e se si impegna a rispondere a quella chiamata universale alla santità di cui ci ha parlato il Concilio Vaticano II», e poi il «mancare loro di rispetto» servendosene per scopi estranei alla loro testimonianza di fede, allorché «le feste dei santi le soffochiamo dentro tradizioni culturali, folcloristiche, ricreative, commerciali e le sganciamo dall’unica tradizione che rende ragione della loro esistenza». Non va infatti mai dimenticato che i santi «nella prospettiva della fede sono un dito puntato verso Cristo».

In riferimento al brano evangelico in cui Gesù benedice il Padre per i misteri del Regno rivelati ai “piccoli”, il celebrante ha evidenziato che il santo è appunto «chi si fa piccolo e che proprio per questo assume un duplice atteggiamento fondamentale: da una parte fa spazio nel suo cuore e nella sua mente alla rivelazione del volto di Dio che Gesù è venuto a realizzare», dato che non è vero cristiano colui «che si inventa un Dio a suo uso e consumo e rimane nell’ignoranza rispetto al Dio di Gesù Cristo»; e poi è capace nel quotidiano di legarsi «in maniera indissolubile a Cristo stesso, facendolo diventare ad un tempo il suo sostegno e la sua guida rispetto alle sue scelte e ai suoi progetti».

E la testimonianza risoluta di un cristiano capace come Barbara di abbracciare il martirio sta a ricordarci come, secondo l’insegnamento di Paolo risuonato nella prima lettura, è santo «il cristiano che, una volta scelto Cristo e il suo vangelo, non lo molla per nessun motivo e per Lui è disposto a soffrire e anche a morire», memore del “beati i perseguitati” annunciato da Gesù nel discorso della montagna.

Santo poi, ha proseguito don Blasetti richiamando il “si compia in me la tua volontà” del salmo responsoriale, «è il cristiano che ogni giorno, ogni momento, in ogni gesto e in ogni parola realizza la volontà di Dio e lo fa nella consapevolezza che decidersi per Dio e impegnarsi costantemente a fare la sua volontà significa costruire la propria su una roccia solida e proteggerla dalle minacce che la potrebbero risucchiare nel vortice dell’insignificanza e del male». E quell’inno di ringraziamento risuonato nella prima lettura tratta dal Siràcide ricorda che il credente «è capace di sfidare la potenza distruttiva del male semplicemente e solo perché si affida totalmente a Dio, al suo amore e alla sua misericordia».

Questo il senso del festeggiare la sua patrona per la Chiesa locale: un richiamo a orientarci su questa strada. «In quanto chiesa e in quanto cristiani dobbiamo sentire una sorta di sacra gelosia quando le nostre feste sono prigioniere di tradizioni culturali, folcloristiche, ludiche, commerciali e finiscono per essere sganciate dall’unica e vera tradizione che rende ragione della loro nascita e della loro trasmissione di generazione in generazione. Lasciare le nostre feste in balia di quanti vorrebbero frale diventare altra cosa rispetto al loro significato di eventi cristiani che chiamano alla conversione e alla riscoperta dell’importanza fondamentale di Cristo e del suo vangelo, significa immettere nel circuito della storia umana moneta falsa con l’illusione che in ogni caso tutto questo servirebbe a mantenere la gente agganciata alla chiesa».

E già, moneta falsa, non ha esitato a dire il vicario di zona: «perché quella vera ci dice che se vogliamo svolgere la nostra missione a servizio dell’umanità e del mondo in cui viviamo dobbiamo impegnarci a fare in mondo che gli uomini e le donne, come santa Barbara e tutti santi, “raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna”», ha concluso citando ancora il brano di san Paolo.