La comunità di Accumoli si ritrova attorno al pane spezzato

Le popolazioni terremotate costrette sulla costa, disperse dal sisma nel centro Italia, in attesa di riavvicinarsi al paese di origine hanno vissuto un’intensa domenica di festa con due battesimi e una cresima celebrati dal vescovo Domenico nella “chiesa di legno” di San Benedetto del Tronto

La Domenica della Divina Misericordia per gli abitanti di Accumoli è stata l’occasione per ritrovarsi tutti insieme nella “chiesa di legno” di San Benedetto del Tronto. Alla messa celebrata dal vescovo Domenico, infatti, hanno partecipato i fedeli del comune sparsi in tutto il centro Italia dal sisma, insieme a molti sfollati della vicina Amatrice.

Un bel segno, non solo di unità, ma anche di crescita, perché nell’ottava di Pasqua mons Pompili ha celebrato anche il battesimo di Fabio e Davide, due bambini di 8 e 10 anni arrivati in paese da fuori dell’Italia, e la cresima di Elisa, una ragazza di Cesaventre di Accumoli, costretta dal sisma a Sassa, in provincia de L’Aquila.

Ai tre giovani e a tutti i presenti, don Domenico ha indicato l’importanza della comunità. Essa, infatti, «è ciò che ci aiuta a credere». Una realtà che contrasta con il modo di ragionare che ci vede

«stregati dall’idea che ognuno se la cava da solo», al punto da lasciarci convincere che «pure la fede sia una sorta di scalata in solitaria».

«In realtà – ha ammonito il vescovo – la fede è tale nella misura in cui è vissuta in una comunità. Questo è la Chiesa: una comunità di persone che si ritrovano nella ricerca di Dio». La fede implica di conseguenza relazioni, incontri, contatti. Ma talvolta «anche la Chiesa rischia di essere un non luogo», come un centro commerciale, una stazione ferroviaria o gli alberghi in cui hanno travato rifugio in tanti dopo il terremoto: spazi in cui «ci si lambisce, ma non ci si incontra, non ci si tocca», mentre ciò che dei primi cristiani colpiva i pagani era il loro «fare la vita di tutti».

«Ma non ci si improvvisa fratelli e sorelle senza continuità nel tempo», ha avvertito don Domenico. Occorre infatti «resistere all’usura del tempo, essere perseveranti nell’ascolto della Parola e nella frazione del pane, nel gesto che rende presente il Signore Gesù». La messa della domenica comprende una questione di identità. Un tempo «tutti quanti andavano, anche per conformismo, oggi il conformismo funziona al contrario, nel trovare scuse per non andare». Ma il punto vero è che «se c’è una comunità, occorre incontrarsi, altrimenti, prima o poi, i legami si sfilacciano».

Non basta però l’incontro per fare la comunità: è anche necessario il «servizio agli altri». Oggi, ha constatato il vescovo, «ci piangiamo talmente addosso da dimenticare che ci sono i poveri più poveri di noi. Verso loro non è lecito irritarsi, mettere la scusa che ci siamo prima noi».

Essere Chiesa è infatti capacità di accogliere, di saper integrare tutti e tutte le culture senza mai sposarne semplicemente una. «La Chiesa è qualcosa di più vitale di una semplice struttura in muratura. E per noi che le chiese le abbiamo perdute quasi tutte – ha concluso mons Pompili – questa deve essere anche una ragione per fare più ancora comunità. Tutti sognamo il momento in cui potremo tornare nelle nostre chiese. Ma quando le chiese erano in piedi, non necessariamente c’era una comunità cristiana».