Comifar: una vicenda piena di interrogativi

La situazione della Comifar è sempre più precaria. Nel mese di ottobre parte la cassa integrazione dei dipendenti, ed al momento non si intravede una soluzione che possa riportare le ore lavorate ai livelli normali.

Le premesse

Alla scelta della cassa integrazione si è arrivati a causa del significativo calo del fatturato del magazzino dei medicinali – collegato ad una diminuzione degli ordini da parte di molte delle farmacie cittadine. Al momento non sembra esserci alcuna prospettiva di recupero di quote di mercato.

La posizione di ASM

È una vicenda piuttosto complessa, che apre alcuni interrogativi, soprattutto a proposito delle farmacie “comunali”. I punti vendita ASM, infatti, hanno smesso di rivolgersi al magazzino locale della Comifar dall’inizio di agosto.

Va notato che tale decisione ha modificato una quota più che significativa del locale mercato del farmaco.

Dato che non si rifornisce presso il magazzino farmaceutico reatino, è verosimile che l’Azienda dei Servizi Municipali si stia rivolgendo a fornitori esterni al nostro contesto.

Cosa può motivare una tale scelta? Forse quei soggetti operano sconti tali da rendere economicamente secondari i disagi dovuti alla distanza?

Dubbi legittimi

Come è possibile che operatori del settore farmaceutico possano scontare prodotti a prezzo imposto in misura maggiore di Comifar, che rimane pur sempre il più grande distributore farmaceutico italiano?

Si affaccia il fondato sospetto che i maggiori margini offerti dai nuovi fornitori siano dovuti ad un minore costo del lavoro. Un modo di fare concorrenza quasi “cinese”, in cui, in modi diversi, i maggiori profitti di aziende fornitrici ed acquirenti si ottengono a spese dei lavoratori, della loro qualità di vita e della serenità delle loro famiglie.

Il ruolo del Comune 

Se questa lettura fosse corretta, ci sarebbero molti punti di preoccupazione. Innanzitutto avremmo una azienda a maggioranza pubblica impermeabile ai discorsi con cui tutti gli amministratori si riempiono la bocca quando parlano di tutela del territorio, di protezione del lavoro locale, di famiglia. Si direbbe che la presenza di capitali privati nella minoranza azionaria dell’Azienda dei Servizi Municipali abbia introdotto un bisogno di massimizzare i profitti anche a scapito dell’efficienza dei servizi pubblici locali.

Svantaggi per tutti

L’extra utile che le farmacie deriverebbero da minori prezzi alla fonte, si accompagna ad un peggioramento complessivo del servizio. ASM sta infatti rinunciando a ciò che Comifar può offrire in più, quale azienda radicata sul territorio (poca distanza, disponibilità immediata, maggiore frequenza nelle consegne, ecc.) e in quanto parte di una grande rete nazionale. Notevole, fra l’altro, il rischio di un allungamento dei tempi per il reperimento dei farmaci meno usuali. Eventuali maggiori profitti delle farmacie dell’ASM inoltre, pur essendo la società in gran parte pubblica, non portano alcun vantaggio ai cittadini, che pagano comunque i farmaci a prezzo imposto, esattamente come prima.

Cui prodest?

Ma allora chi ci guadagna? Dove è dirottato il fatturato perso da Comifar e quindi dal nostro territorio? Perché un gruppo di farmacie, oltre quelle ASM, preferisce rifornirsi altrove? Viene il sospetto che questa situazione sia generata da un qualche disegno, una qualche convergenza di interessi non ancora dichiarati, forse non del tutto trasparenti. Ma sarebbe fare della dietrologia. Quel che è certo, invece, è che tutte queste manovre ricadono sulle spalle dei lavoratori e a svantaggio della collettività. Che subisce, fra l’altro, una ulteriore perdita di controllo in un ambito economico vitale, positivo, oseremmo dire strategico.

Perché mai la nostra (seppur esile) rivista dovrebbe unirsi all’assordante coro di silenzi che da molte parti si innalza al riguardo?

Se non altro dalla vicenda Comifar si può imparare cosa c’è da aspettarsi dalla privatizzazione dei servizi pubblici locali, tanto invocati da certi liberisti… a buon mercato.