Colombia: dove la presenza della Chiesa è basilare per costruire la pace

Padre Angelo Casadei, originario di Gambettola (Forlì-Cesena), è missionario in Colombia, il Paese del Sud America nel quale papa Francesco nel settembre scorso ha compiuto un viaggio apostolico. In questa intervista traccia un quadro della situazione attuale, anche alla luce della pacificazione tra le Farc (i gruppi della guerriglia) e il governo, dopo una lotta durata oltre 50 anni.

Il mese di ottobre è tradizionalmente dedicato ai missionari. Uomini e donne che, seguendo vari carismi, hanno “lasciato tutto” per andare nelle periferie del mondo ad aiutare i più poveri, i più soli, i più fragili. In queste settimane il Sir racconterà la loro vita quotidiana fatta di difficoltà, gioie, esperienze, spiritualità, attraverso le voci dei protagonisti raccolte dai settimanali diocesani di tutta Italia. Uno sguardo che dai territori si alza oltreconfine e ritorna qui, a incontrare tutti i nostri lettori.

Padre Angelo, la visita di papa Francesco in Colombia cosa ha suscitato?
Da più di un anno si parlava della visita del Papa in Colombia. Quando si è saputo di questo viaggio, vi sono stati vari sentimenti a volte opposti. Prima di tutto per la situazione politica che sta vivendo in questi ultimi anni sull’accordo di pace con le Farc, sul quale il Paese si è diviso in due poli: “Accordo sì, accordo no”. C’è stato il rischio di politicizzare la visita del Papa. L’altro sentimento è scaturito dal tema economico: quanto può costare una simile visita del Papa? Sui mezzi di comunicazione sono sorte grandi discussioni. In ogni caso il popolo colombiano ha accolto con entusiasmo la visita del Santo Padre.

Com’è ora il clima dopo la pacificazione tra i ribelli delle Farc e i governativi?
Non sono uno specialista nel campo sociale e politico, anche perché capire la realtà colombiana non è molto semplice.
Questo Paese ha una storia molto complessa e intrecciata da tante situazioni che si sono create lungo il tempo: il banditismo, la violenza tra conservatori e liberali, la guerriglia, i para-militari, la mafia, la coca, la violenza delle bande nella città, la corruzione.
La firma dell’accordo di pace tra il Governo Colombiano e le Farc avvenuta il 24 di novembre del 2016 ha segnato un prima e un dopo nella storia colombiana. Da una parte la fine di un conflitto che durava già da più di 50 anni (dal 1964), dall’altra parte questa firma segna l’inizio di un nuovo tempo, tempo di pace, di riconciliazione, tempo in cui si possa sognare con una Colombia differente, una Colombia più umana. È difficile dimenticare 50 anni di guerra che ha lasciato 8 milioni di vittime. Questi anni di guerra hanno generato rancore, odio, seminando molta violenza, divisioni nelle comunità e nelle famiglie.
Riavvicinare le parti è la sfida: come lo si evince dallo slogan adottato per la visita del Papa, “Dare il primo passo”.

Come si prospetta il prossimo futuro?
Il futuro si può definire incerto. Non sappiamo come andranno le cose anche perché il prossimo anno ci saranno le elezioni del presidente della Repubblica. Non sappiamo se il nuovo eletto continuerà con questo cammino, e perciò si sta vivendo con molta incertezza, ma anche con molta speranza.

Cosa è cambiato nella società colombiana, se qualche cambiamento c’è già stato. Come potrà cambiare il futuro?
Il cambiamento più rilevante è senza dubbio la fine di un conflitto tra colombiani: una guerra civile mai dichiarata però una guerra tra fratelli di una stessa Nazione che a volte ha visto dividersi famiglie di uno stesso paese.
Un altro cambiamento è che, dall’inizio dell’accordo ad oggi, non ci sono stati scontri tra Farc ed esercito regolare; solo con alcuni gruppi dissidenti che non hanno accettato l’accordo. Finalmente le persone si possono muovere in modo molto più libero senza paura, non esiste più il coprifuoco.
Adesso si tratta di concretizzare l’accordo di pace, come: la riforma agraria, una maggiore giustizia, più partecipazione politica.

La gente comune come vive questo cambiamento?
Lo vive nella sua pelle. La guerriglia ha lasciato un vuoto. Dove vivo la violenza tra le persone è aumentata, la gente si fa giustizia da sola, vi è il problema della violenza contro le donne e i bambini, sono aumentati i furti. Quando c’era la guerriglia era difficile che questo succedesse: in qualche modo vi erano delle leggi.

E la Chiesa quale ruolo ha?
Il ruolo della Chiesa in tutto questo cammino è determinante. La gente in Colombia crede molto nella nostra parola e nella nostra presenza attraverso azioni concrete anche di solidarietà che facciamo. Sono questi per noi spazi per costruire una Colombia differente, riconciliata e in pace. La presenza della Chiesa è basilare e lo sarà per molto tempo, perché la Chiesa con la sua parola e la sua azione continuerà ad accompagnare alla costruzione della pace.

Il Papa che sentimenti ha suscitato?
La visita del Papa in Colombia, quasi un anno dopo che si è firmato l’accordo di pace, e soprattutto nel momento in cui ci prestiamo per mettere in pratica quello che si è accordato a Cuba, è stata provvidenziale. Il Papa non è venuto ad approvare esplicitamente gli accordi, è venuto per ricordarci la cosa fondamentale: la disponibilità alla riconciliazione. Ci dice: “Riconciliamoci con Dio, tra di noi e con noi stessi”. Senza la riconciliazione, sarà difficile la pace.

Francesco Zanotti