Clima: impegni volontari non bastano per frenare le emissioni di CO2

La sessione inaugurale del 13° Forum internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato da Greenaccord a Frosinone è stato dedicato all’analisi della situazione climatica a un anno dall’approvazione degli accordi COP21 di Parigi

Guardare oltre la COP21 di Parigi dell’anno scorso, per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema dei cambiamenti climatici e spingere i Paesi a dotarsi di regole più che di impegni volontari per la tutela della salute del pianeta. È il messaggio emerso dalla sessione mattutina del 13° Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato da Greenaccord in collaborazione con il ministero dell’Ambiente da oggi al 6 novembre presso l’auditorium S. Paolo Apostolo di Frosinone.

“Per noi l’accordo COP21 è come bella casa a cui mancano ancora arredamenti e infissi”, ha spiegato Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord nel suo intervento che ha aperto i lavori.

“Non bisogna essere pessimisti perché con la ratifica di quell’accordo lo scorso 21 aprile a New York si è cominciata a costruire un edificio che prima di allora non c’era mai stato. Ora però serve lo sforzo più grande, ovvero coinvolgere tutti gli attori protagonisti, migliorare quei punti deboli come i tempi troppo lunghi per l’entrata in vigore delle norme e soprattutto maggiore chiarezza sul tema dei controlli”. La carbonizzazione del sistema economico, ha aggiunto Cauteruccio “urge di una governance globale. Per questo motivo il Forum Greenaccord 2016 ha come obiettivo quello di rendere tutti noi Sentinelle del clima”.

A ricordare gli impegni assunti anche dalla Fao in tema di politiche ambientali è stato René Castro Salazar, direttore generale aggiunto della FAO. “Quella che stiamo affrontando è una sfida nei confronti della vita umana visto che entro il 2100 avremo bisogno di smaltire 30Gigatonnellate di CO2, l’equivalente di una tonnellata per abitante. Purtroppo, ha sottolineato Castro, “non bastano i 100 miliardi previsti per il Green Climate Fund istituito dall’Onu per finanziare tutte le attività di adattamento e mitigazione necessarie a raggiungere l’obiettivo di mantenere sotto i 2°C l’innalzamento della temperatura”, considerando anche che allo stato attuale sono stati stanziati solo 10mld di dollari. Per evitare il ripetersi degli errori del protocollo di Kyoto, ha concluso Castro, “la Fao si farà portavoce delle istanze degli oltre 800 milioni di piccoli agricoltori che debbono essere inclusi in queste nuove forme di agricoltura”.

Una prospettiva “visionaria” ma certamente innovativa è quella offerta da Robert Costanza, professore di Public Policy alla Crowford School dell’Australian National University, che ha lanciato l’idea di creare un “Trust dell’Atmosfera terrestre” per permettere di chiedere un risarcimento dei danni per le emissioni di gas climalteranti causate dalle grandi imprese e per finanziare programmi di mitigazione. L’economista ha spiegato che il progetto nasce da un concetto solo apparentemente rivoluzionario: “considerare l’atmosfera un bene comune che, pertanto, va mantenuto integro per le future generazioni”. Una proposta sostenuta già oggi dalle regole mondiali: “Ai sensi del diritto nazionale e internazionale esistente – ha ricordato Costanza – noi come cittadini possiamo rivendicare efficacemente i diritti di proprietà sull’atmosfera del pianeta. Se tutti noi ‘possediamo collettivamente il cielo’, possiamo ricorrere alle istituzioni giuridiche esistenti per proteggere questa proprietà collettiva, costringendo gli inquinatori a pagare per i danni a questo patrimonio. Tutto quello che serve per iniziare è un sottoinsieme di Stati che fissino tale Trust Atmosferico, che funzioni da amministratore”.

A mettere in luce i punti critici dell’accordo di Parigi è stato anche Riccardo Valentini, CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). “L’accordo va troppo lentamente, anche se è stato utile aver incluso tutti i Paesi”, ha detto Valentini. “Fino al 2020 l’accordo è ancora in fase negoziabile ed è dimostrato che gli impegni volontari portano il riscaldamento globale alla soglia dei 3 gradi, ben al di sopra dei 2 che rappresentano l’ambizione minima di Parigi”.

Altro aspetto da sottolineare, ha aggiunto il rappresentante del CMCC “è che molto della crescita delle emissioni è proprio nei Paesi in via di sviluppo che vanno messi nelle condizioni di utilizzare tecnologie che risolvano il problema delle emissioni. Il tema della responsabilità differenziata è importante perché mette tutti d’accordo anche se con target imposti dal basso, ovvero dai singoli Stati”.