CINEMA / Tra risate e nostalgia

“Ave Cesare”, il nuovo film dei fratelli Coen

Il cinema dei fratelli Coen si muove fra due polarità: da una parte, il nichilismo di storie violente e senza speranza, dall’altra, il grottesco di vicende e personaggi in bilico fra il ridicolo e il sublime. Al primo polo appartiene, ad esempio, “Non è un paese per vecchi”, western dalle tinte apocalittiche dove non c’è alcuna speranza. Al secondo, invece, si potrebbe annoverare “Il grande Lebowsky”, storia surreale di personaggi allo sbando nelle strade intricate di Los Angeles. E poi ci sono quelle pellicole che uniscono queste due polarità, come “Fargo” dove una vicenda violentissima si unisce a uno humor nero al vetriolo. E non manca quasi mai nelle opere di questi due registi un riferimento, per lo più nostalgico, al cinema del passato, citato attraverso il genere di riferimento della pellicola oppure attraverso la rievocazione di fatti e personaggi della grande Hollywood. “Ave Cesare”, il nuovo film dei Coen, appartiene alla seconda polarità di cui abbiamo parlato ed è totalmente immerso in un clima citazionistico nostalgico. È, infatti, una pellicola ambientata negli anni Cinquanta che racconta le vicende di un grande studios cinematografico hollywoodiano e della sua batteria di attori, registi, sceneggiatori, tuttofare. Una storia, dunque, che rievoca il periodo della golden age, quando la capitale della California era la fabbrica di sogni, capace di creare addirittura dei nuovi “dei” (le star), ed era l’unica vera forma d’intrattenimento di successo (la tv era solo agli inizi).
Mentre sull’atollo di Bikini gli Stati Uniti sono impegnati con gli esperimenti sulla bomba H, a Hollywood Eddie Mannix si deve occupare di trovare una soluzione a un altro tipo di problemi. Eddie è un fixer, cioè colui che deve tenere lontani dagli scandali in cui si vanno a ficcare le star che stanno lavorando ai film di un grande Studio. Deve quindi far sparire foto osé e cercare di camuffare gravidanze fuori dal matrimonio. Quando poi accade che scompaia il protagonista di un film su Gesù, nei panni di un centurione romano, la situazione si complica. Anche perché costui è stato rapito da un gruppo di ferventi comunisti. I fratelli Coen non tralasciano nulla della grande Hollywood: i suoi set dei grandi studios con gli attori e le attrici, le varie manovalanze, i registi, i film dei generi differenti (musical, western, commedie sofisticate, peplum), la stampa scandalistica, le anteprime, l’anticomunismo del periodo McCarthy. Il tutto visto attraverso gli occhi del povero Eddie Mannix, colui che risolvere ogni problema, un uomo dalla fede forte (confessa anche quante sigarette fuma di nascosto), che deve confrontarsi con un mondo ben poco morale. Ma qui, come abbiamo chiarito all’inizio, siamo all’interno di un film che utilizza l’ironia e il grottesco nella definizione dei personaggi e delle vicende. Tutti i protagonisti sono, infatti, goffi, buffi, per lo più stupidotti, soprattutto gli attori, persone comuni che la macchina cinema ha la capacità di rendere star venerate da milioni di spettatori. Come il personaggio interpretato da George Clooney, il grande divo che recita nel peplum sulla vita di Gesù che lo studios di Manning sta girando, tronfio e ottuso eppure capace di far commuovere tutta la troupe mentre recita davanti alla macchina da presa. Con “Ave Cesare”, perciò, i Coen vogliono ricordarci, tra risate e nostalgia, come la forza del vero cinema sia nella finzione, nella ricostruzione di grandi storie, nella sua capacità di rendere straordinari i volti di attori e attrici che, nella vita comune, sono tutt’altro che “divini”.

 

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