Ciao don Michelino

Domenica 2 marzo una folta schiera di parrocchiani di Civitella e di Castelmenardo con i parroci e le suore del vicariato di Borgorose, unitamente ai parenti, ci eravamo ritrovati a Fontecchio, nell’Aquilano, per ringraziare il Signore di aver concesso a monsignor Michele Conte lunga vita centenaria. Volevamo ringraziarlo personalmente per il suo operato nelle parrocchie da lui lungamente servite nel ministero pastorale.

Sono stato contento di aver presieduto la Messa di ringraziamento, che mi ha dato la possibilità di esprimere la mia personale gratitudine per avermi indirizzato al seminario. Abbiamo ripercorso insieme l’itinerario pastorale e man mano che affioravano i ricordi lui approvava con un sorrisino. Lucido di mente, ha ringraziato i presenti, riaffermando la sua fedeltà al dono del sacerdozio. Nessuno in quel momento ha pensato che fosse il “canto del cigno”. Dodici giorni dopo ci lasciava.

Prete di periferia, don Michelino, a servizio di parrocchie disagiate che poteva raggiungere solo con il giumento. Fedeltà al dovere anche tra le avversità climatiche e nei tempi difficili della guerra. Maestro di fraternità, amava chiamare a raccolta tutti i confratelli nel giorno del suo onomastico. Ed era festa grande, perché egli portava il nome del protettore della sua parrocchia. Prete resistente alla fatica e al disagio, a cui spesso dicevo in tono confidenziale: «Caro don Michele, rafforza l’intenzione, nella Chiesa di Dio non si va mai in pensione». Piccolo di statura, gli si addiceva bene il nome “Michelino”. Ma grande e aperto il suo cuore.

Seppe ben organizzarsi quando in modo improvviso perdette la sorella che gli faceva compagnia e lo serviva. Con molta naturalezza passava dal suono delle campane per la Messa festiva a una visita in cucina per avviare il pranzo. Il suo comportamento e il grado di cultura lo avvicinava molto alla gente contadina, che ha una cultura fatta di esperienza, buon senso, profonda fede nella provvidenza e nella tradizione. Quando, per la tarda età, ha dovuto ritirarsi dal servizio parrocchiale in un primo momento si era orientato verso Avezzano, da cui proveniva la sua famiglia. Ma la nostalgia della diocesi, la calda accoglienza riservatagli in città da qualche sacerdote amico, l’accortezza del vescovo Lucarelli che ha preparato luoghi accoglienti attigui alla Cattedrale lo riportavano a svolgere attività come canonico e a S. Agostino.

Ora che ci ha lasciato, vogliamo salutarlo con le affettuose rime che, il 2 marzo, avevamo voluto rivolgere per festeggiare le sue cento candeline:

Genti di Civitella, di Nesce, di Castello,
di Collorso, di Ville, in questo giorno bello,
udite il mio richiamo: svegliatevi un momento,
per un giusto dovere, dal sonno dell’avvento,
per ridire la stima e l’amore fedele
che portaste qua in terra al caro don Michele.

Oggi fai cento anni, che Dio ti benedica
e permetti che ti dica una parola amica:
sei stato un prete bravo, nel tuo ministero,
bambino coi bambini, con gli adulti severo,
con quella mano in tasca per dare caramelle,
prendevi per la gola persino le zitelle.

Vorrei poi ricordare quanto hai operato
in tutti quei paesi dove hai fatto il curato.
Solo quel buon somaro compagno di viaggio
Potrebbe raccontare la storia e il disagio
di quel peregrinare di paese in paese,
fedele nel servizio e pur senza pretese.

Noi bambinetti allora – è ben che lo ricordi –
ti servivamo Messa, anche per quei due soldi,
e tu invece scambiavi la nostra devozione
per una vera e propria santa vocazione.

Fu così che partimmo, inesperti monelli,
io per il seminario e Angelo per Scifelli
Tu, don Michele, intanto ci seguisti ed amavi,
vicino ai genitori che sempre incoraggiavi.

Col tuo continuo dire: “Dover perseverare”,
avesti grande gioia di vederci all’altare.
Fosti meno fortunato con tutte le monelle:
solo Gertrude ora è tra le Pastorelle!

Ma un giorno di settembre dell’anno sessantotto
me lo vidi arrivare quasi tutto di botto
con una Settecento vecchiotta, ma carina…
Mi disse: «Me so’ motorizzato… l’avessi fatto prima!».

Così da quel momento non ti sei più fermato,
la Centoventisette, la Uno t’hai comprato.
E corri a Collorso, Castello ed Avezzano,
per non dir Palidoro e persino Chianciano.
Potrebbe esser strano tra questi monti e valli
passare dal somaro a guidare più cavalli:
ma avesti la fiducia di noi preti vicini,
di tutti meno uno: don Mario Mandarini.

Il caro e buon somaro andò così in pensione,
lo prese Romualdo senza liquidazione.
Ci sarebbero ancora da dire tante cose,
ma è giunto il momento di offrirti delle rose.

E ti dico con affetto, caro don Michelino:
sei il prete più prezioso del clero reatino!