La Cia ci spia

Alcuni dubbi, e qualche certezza, dopo le rivelazioni di Wikileaks

La Cia ci spia. E guai se così non fosse, vista la natura dell’agenzia. A destare qualche dubbio, però, sono le modalità. Sembra infatti che televisori e cellulari siano diventati i nuovi microfoni segreti utilizzati dall’intelligence d’oltreoceano per acquisire informazioni, almeno stando alle migliaia di documenti riservati diffusi da Wikileaks. Ancora non è chiaro chi siano gli obiettivi della mastodontica operazione di spionaggio, ma le attenzioni della Cia dovrebbero essere state indirizzate a persone sospettate di terrorismo, criminali e strutture di intelligence di Paesi e governi più o meno ostili agli Stati Uniti.
Sullo sfondo della cyber-guerra che vede schierati su fronti opposti Washington e Mosca, le rivelazioni del gruppo capitanato da Julian Assange non fanno che aggravare la percezione di insicurezza a tutti i livelli. Chi di noi, infatti, non possiede uno smartphone di ultima generazione o una smart tv per rivedere le puntate della serie preferita? E se un giorno (non troppo lontano) l’attività di intelligence abbandonasse i target prestabiliti e si spingesse a intercettare le comunicazioni private e pubbliche di ogni cittadino? Chi può tappare le orecchie (e gli occhi) a Echelon? Negli anni che seguono la Seconda guerra mondiale, George Orwell disegna un futuro in cui il partito unico, con a capo il Grande Fratello, ha preso il controllo totale sulla società. Ogni abitazione dei membri del partito (i proletari, oggi come ieri, non contano) è dotata di un teleschermo che non può mai essere spento. Dalle casse si diffonde un’incessante propaganda mentre il Grande Fratello osserva la vita privata di ciascun cittadino, attraverso la telecamera installata dietro a ogni schermo. La nudità, e non la privacy, è la regola del partito. E se il domani non sarà come quello immaginato in “1984”, ma molto peggio?
Alla pubblicazione dei file, gli Stati Uniti hanno risposto con l’apertura di un’indagine penale. Fonti dei Servizi spiegano che la raccolta dati è stata condotta contro obiettivi all’estero e nel rispetto delle leggi. Wikileaks, però, rilancia e annuncia che la Cia ha perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, col rischio di una proliferazione incontrollata di armi cibernetiche che potrebbero finire nelle mani di Stati rivali e hacker di ogni sorta. Come quel Julian Assange che, autoproclamato alfiere della libertà, conduce dalla dorata prigionia nell’ambasciata ecuadoregna di Londra una battaglia (personale) contro i governi corrotti. Scegliendo quali rivelazioni dare in pasto all’opinione pubblica e quali tacere, quali documenti divulgare e quali lasciare nel cassetto. Con il sospetto di agire più per conto di qualche zar, che a nome dell’umanità.