Ci vorrebbe il pubblico ludibrio

I fatti delle scorse settimane ci lasciano indignati e amareggiati, e lasciarci andare a considerazioni “giustizialiste” non è una buona idea, né appare un esercizio di carità cristiana e di misericordia evangelica. Ma ogni tanto uno sfogo dobbiamo pur farlo noi tutti, anche in quanto semplici cittadini e per dare voce a tutte quelle persone perbene che vivono con quanto basta, morigerati e rispettosi delle leggi e del prossimo.

Lo scenario che abbiamo davanti è pressoché questo: una masnada invereconda di politici che da decenni non conclude un accidente, pagata fior di quattrini, che ha pure la faccia tosta di ripresentarsi alle elezioni, anche a seguito di condanne defintive o di inequivocabili prove di colpevolezza o di contiguità con il male; alti funzionari dello Stato corrotti fino all’inverosimile – fatto salvo il sacrosanto principio della presunzione d’innocenza – che hanno speculato pure sul terremoto e sulle disgrazie del prossimo, susseguenti a disastrosi fenomeni naturali; uomini violenti che hanno decimato e stanno decimando intere famiglie, non si sa bene per quali motivi, in ogni caso futili, rispetto ai beni di cui privano se stessi e la società.

L’inasprimento delle pene – la storia lo ha dimostrato in modo fin troppo evidente – non serve nella maggior parte dei casi; dunque appare legittimo porsi delle domande: siamo proprio certi, anche dal punto di vista “teologico” che abbiamo tutti la stessa dignità umana? Che l’operaio onesto e laborioso abbia la stessa dignità di un Generale corrotto? Che l’impiegato “sfollato” per un terremoto apocalittico abbia la stessa dignità di funzionari super pagati che hanno estorto, taglieggiato e dirottato quantità immani di soldi che servivano per opere pubbliche e per abitazioni di poveri “cristi”?

Il dubbio viene ed è legittimo. Noi cristiani sappiamo che tutti gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni tempo hanno la stessa dignità, perché immagine e somiglianza di Dio, ma quando alcuni, verrebbe da dire molti, “vendono l’anima al Diavolo”, si spogliano di quella immagine e somiglianza, rinunciano all’altissima dignità di figli di Dio, possiamo dire veramente che hanno la stessa dignità degli altri? La dignità dobbiamo anche sapercela guadagnare e mantenere, con una vita specchiata, soprattutto nell’amministrazione di beni che non sono nostri, ma per la gestione dei quali siamo ben pagati e compensati.

Dunque, cosa proporre per questi casi, qualora fossero certissimamente confermati con prove inattaccabili? Prima di tutto la confisca dei beni, anche a parenti ed affini, per quanto acquistato in seguito alla commissione del reato o dei reati; e poi l’esposizione del reo al “pubblico ludibrio”, vale a dire a quell’insieme di sbeffeggiamenti, insulti e trattamenti non violenti, che umilino la persona colpevole. Colpire il portafogli e l’amor proprio, perdere i gradi, le onorificenze, alcuni diritti civili e politici (sembra proprio un’aberrazione che una persona con 4 ergastoli e 295 anni di carcere, abbia il diritto di contrarre matrimonio o di scrivere libri).

Riservare il carcere e le pene detentive solo a chi può essere pericoloso e violento per il resto dei consociati. Sembra che Vallanzasca, dopo che alcuni giorni fa è stato preso con 70 euro di spesa rubata, abbia detto al vigilante del supermercato: “Lei non sa chi sono io”. Qui c’è ancora gente che pensa di essere e che è dipinta come eroe. Se invece fosse stata fatta un’operazione di squalificazione sociale radicale, con un serio percorso di autodisistima, allora tanta sfrontatezza non ci sarebbe e tante persone camminerebbero a testa bassa, sapendo di essere cittadini dimezzati e indegni di vivere in un consorzio civile.
Ci vogliono scelte coraggiose, altrimenti dal pantano non si esce.