Ci ha lasciato Otello Castellani, artista travestito da geometra

Otello Castellani era un geometra travestito da artista, oppure un artista travestito da geometra. Comunque la mettevi, l’urbanistica ed il disegno erano due le grandi passioni di quest’originale dipendente del comune di Rieti, scomparso a soli 55 anni per una devastante malattia che lo ha mantenuto lucido fino all’ultimo nelle stanze dell’Hospice San Francesco.

Schivo e di poche parole in pubblico, a tratti dimesso nell’aspetto fisico, Otello si apriva solo verso le persone che gli davano fiducia, con particolare riguardo verso i colleghi e i gli agenti del Corpo di Polizia Municipale del comune di Rieti, con i quali aveva lavorato per anni a stretto contatto.

Per loro, nessuno escluso, c’erano stati negli anni innumerevoli disegni, vignette e fumetti in pieno stile “Otello”, tutti con la sua firma inconfondibile nascosta sotto le sembianze di un gattino rossiccio nascosto qua e là. Oltre ai dipendenti comunali, i vigili erano per lui i soggetti ideali tramite i quali dare pieno sfogo alla sua sagace ironia, tanto che i suoi ritratti sono apparsi anche nel sito ufficiale del Corpo, oltre che naturalmente alle pareti di tutti gli uffici.

Il vigile saggio, quello buffo, quello pigro, quello avvezzo a fare le multe, tutti campeggiano incorniciati al Comando di via Foresta, senza eccezioni per i graduati e i comandanti che via via si sono succeduti.

La grande cultura di Otello si univa al talento artistico e ad una pacatezza d’animo più uniche che rare. Sorriso stampato sul viso e battuta tagliente sempre pronta, non si risparmiava nel fornire informazioni urbanistiche né nel donare le sue dediche colorate. Lo fece anche per il vescovo Domenico Pompili in occasione del suo arrivo a Rieti, utilizzando la china nera su foglio bianco.

Giocando con il motto episcopale “Ut fructum afferatis” riportato su un albero, Otello raffigurò “a modo suo” il vescovo Domenico, indaffaratissimo in lavori di giardinaggio per la cura di quell’albero che simboleggiava la Diocesi, tra annaffiatoio, pala e sacchetti di concime. Su ogni sacchetto e contenitore, i “fertilizzanti” che Otello immaginava il vescovo usasse: “acqua santa”, “opere di bene”, “sorrisi”, per curare al meglio cuore e spirito dei suoi parrocchiani.