Ci fosse una stagione che va bene!

Il primo dicembre segna l’inizio dell’inverno meteorologico. Per la scienza delle previsioni, le stagioni iniziano con il primo giorno del mese che le caratterizza. Sul calendario, invece, si considerano gli equinozi e i solstizi, come pure per le stagioni astronomiche.

L’inverno si è aperto come più gli si addice. Assistiamo all’irruzione di aria polare nelle nostre regioni. Questa porta anche alla formazione di un possente anticlone termico (definito orso russo). Se dovessero verificarsi le giuste condizioni potrebbe segnare le sorti dell’inverno in Europa.

Durante l’autunno appena trascorso, che ha seguito delle più torride estati degli ultimi decenni, si è proseguito con il cattivo costume di battezzare le perturbazioni.

Un modo di fare che lascia in secondo piano il valore scientifico degli avvenimenti. I fronti nuvolosi hanno provocato piogge sin dai primi giorni di settembre. Il periodo ha conosciuto una pausa anticiclonica durante la seconda metà di ottobre. Poi le piogge sono tornare a novembre, l’ultimo mese autunnale, statisticamente considerato il più piovoso.

Il mese dei morti, infatti, ha rispettato a pieno la sua caratteristica. Alcune delle alluvioni storiche in Italia si sono verificate proprio nel mese di novembre. Così è stato anche quest’anno. Non sono mancati danni su alcune porzioni del nostro territorio.

Va ribadito con forza che le cause non vanno ricercate solo nell’abbondanza delle precipitazioni. Prima di tutto viene lo sfruttamento selvaggio del suolo e la carenza di manutenzione degli scoli e dei canali. È così che si causano ostruzioni e si amplificano gli effetti delle precipitazioni.

Al di là delle chiacchiere, tirando le somme si può affermare che la stagione autunnale è trascorsa nella normalità. Anche se le temperature registrate sono state al di sopra di quanto ci si dovrebbe attendere.

Proprio l’anomalia termica positiva, figlia anche di un’estate torrida, potrebbe essere una delle cause scatenanti dei fenomeni estremi dell’ultimo periodo. L’aria atlantica, un po’ più fresca, entrando in un Mediterraneo più caldo del normale, ha causato un contrasto termico elevato.

Questo ha apportato nuova energia alle perturbazioni, che hanno scaricato tutta la forza accumulata sotto forma di importanti precipitazioni.

Va detto che tali fenomeni non sono caratteristici del periodo storico attuale. È documentato che anche in passato ci sono stati periodi di siccità alternati a stagioni particolarmente ricche di precipitazioni.

Ecco perché si può affermare che l’autunno appena trascorso è stato un autunno normale. E per questo si comprendono a fatica le rivendicazioni di quanti si ritengono vittime del maltempo.

Non si può chiamare aiuto di fronte a qualsiasi fenomeno meteo: se piove ci sono danni; se nevica e fa freddo si registrano conseguenze dannose per le attività; se fa caldo e c’è siccità, la produzione subisce danni.

Ma allora qual è il clima giusto per i produttori? Non sarà che ogni scusa è buona per avviare una sana speculazione sui prezzi dei prodotti sui banchi?

Speculazione di solito, va detto, riguarda il resto della filiera più che gli agricoltori.

Non si può sempre gridare “al lupo” sperando nei soliti aiuti. È un comportamento che richiama a una politica assistenzialista. Quella che ha depotenziato la capacità di impresa degli ultimi anni. Se la richiesta di fondi per calamità è più redditizia del lavoro, a che serve fare impresa?

Ecco allora diminuire gli investimenti e le innovazioni che potrebbero aiutare uno sviluppo sostenibile e capace di adeguare le produzioni ai cambiamenti in atto.

Le piogge di quest’autunno hanno rinvigorito fossi e torrenti, da tempo erano in secca. Mentre ci si piange addosso, quell’acqua scorre via. Ma a nessuno è mai venuto in mente di investire in studi e strutture per cercare di immagazzinare quel bene, così da poterlo sfruttare in periodi di siccità conclamata.