Economia

Che cosa c’è dietro al boom dei social bond

Il Covid-19 ha cambiato le priorità anche nella finanza sostenibile. Ad aprile le emissioni di obbligazioni con obiettivi sociali hanno superato quelle ambientali: erano una nicchia, stanno esplodendo

Il 2019 è stato l’anno dei green bond. La pressione politica e sociale per aumentare gli sforzi nel contrasto al cambiamento climatico ha spinto centinaia di aziende, governi e altre organizzazioni a emettere obbligazioni destinate a progetti positivi per l’ambiente, come lo sviluppo di energia rinnovabile o la costruzione di edifici a basso consumo energetico. In un solo anno le emissioni di green bond sono aumentate del 51%, raggiungendo i 258 miliardi di dollari. La Climate Bonds Initiative, l’organizzazione internazionale non profit che promuove questo tipo di strumenti, prevedeva che per il 2020 i green bond sarebbero cresciuti ancora, fino a 350 miliardi di dollari di nuove emissioni. Sarà difficile. Gli analisti di Moody’s sulla base dei primi mesi dell’anno stimano che si arriverà a 175-225 miliardi. Sarebbe il primo calo nella giovane storia dei green bond.

La pandemia ha cambiato le prospettive. Nella lista delle priorità mondiali il contrasto al cambiamento climatico è stato scavalcato, almeno temporaneamente, dalla lotta al virus SARS-CoV-2 e alle sue conseguenze. La finanza sostenibile, quella che segue criteri ambientali, sociali e di governance, aveva già a disposizione lo strumento adatto a questo obiettivo: i social bond. Le obbligazioni con obiettivi positivi per la società non sono una novità, ma sono a lungo rimaste una nicchia del mondo della finanza sostenibile. Su 400 miliardi di obbligazioni sostenibili emesse nel 2019 solo 20 miliardi erano social bond. Soltanto ad aprile di quest’anno, notano gli analisti S&P in uno studio pubblicato pochi giorni fa, sono state emesse obbligazioni sociali e sostenibili per 32 miliardi di dollari. È stato il primo mese in cui sono state messe sul mercato più obbligazioni con obiettivi sociali che ambientali. «La crescita dei social bond sta superando quella dei green bond, questo preannuncia uno spostamento del fulcro delle obbligazioni sostenibili, storicamente incentrate sul clima, e una diversificazione degli obiettivi di sostenibilità finanziati dagli investitori» spiega Michael Wilkins, responsabile della finanza sostenibile per S&P Global Ratings.

Le emissioni di social bond nel 2020

Dietro la crescita delle obbligazioni sociali, le cui emissioni da gennaio hanno superato i 70 miliardi di dollari, c’è ovviamente l’esigenza di raccogliere denaro per combattere il virus e i suoi effetti. I primi bond anti-Covid sono stati messi sul mercato all’inizio di marzo: uno dall’Ifc, l’organizzazione della Banca Mondiale che si occupa di sostenere il settore privato nelle nazioni in via di sviluppo, che ha raccolto 1 miliardo di dollari per «sostenere il settore privato e i posti di lavoro nelle nazioni in via di Sviluppo colpite dal Covid-19»; l’altro dalla Bank of China. Nelle settimane successive le emissioni di social bond si sono moltiplicate. Il Guatemala ad aprile è stato il primo governo a lanciare un’obbligazione esplicitamente dedicata a finanziare le spese sanitarie per contrastare il Covid. Poi sono arrivate le banche transnazionali, come la Nordic Investment Bank (la banca dello sviluppo degli Stati scandinavi e baltici) e la Bei, la Banca europea degli investimenti.

In Italia la Cassa depositi e prestiti ha confermato la sua capacità innovativa lanciando a metà aprile il “Covid-19 Social Response Bond”: un’obbligazione da 1 miliardo di euro «per supportare il piano straordinario a favore delle imprese e degli enti territoriali, nel contesto dell’emergenza Coronavirus che il Paese sta vivendo». Poi sono arrivate anche le banche private. La spagnola Bbva a maggio ha raccolto un miliardo di euro con un social bond per «mitigare i severi effetti economici e sociali causati direttamente o indirettamente dalla pandemia del Covid-19». Pochi giorni prima era stata Bank of America a raccogliere un miliardo di dollari per finanziare «ospedali non profit, aziende che producono materiale sanitario, case di cura». Il 22 giugno negli Stati Uniti la Ford Foundation è stata il primo ente non profit a lanciare un social bond, anche questo da un miliardo, «per sostenere e rafforzare le organizzazioni non profit duramente colpite dalla pandemia da Covid-19». Secondo le stime degli analisti di Bloomberg, il 2020 potrebbe chiudersi con l’emissione di quasi 100 miliardi di dollari di social bond.

Il rischio di “social washing”

Con la crescita di questi strumenti aumenta anche il rischio di abusi, con obbligazioni che sono “sociali” solo nel nome. L’Icma, l’organizzazione mondiale dei mercati finanziari, a giugno ha provveduto ad aggiornare i Social Bond Principles (Spb), le regole considerate lo standard internazionale di questi strumenti. Accettarle, però, non è obbligatorio. «L’aderenza ai principi Spb è generalmente considerato un segno di credibilità e integrità del mercato, data la maggiore trasparenza e le pratiche di divulgazione standardizzate – conferma Wilkins di S&P –. Tuttavia, le linee guida sono volontarie e diversamente dalle obbligazioni verdi (dove circa l’80-90% delle emissioni sono allineate ai Green Bond Principles) un certo numero di istituzioni ha emesso obbligazioni auto-etichettate come sociali o contro il Covid-19 che però non sono allineate con gli standard dell’Icma».

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