Cervello e fede: in principio fu… «L’Isola» di Huxley

Al romanziere britannico noto per i suoi testi di fantascienza, si deve, nel lontano 1962, la nascita del termine “neuroteologo”, cioè colui che, per logica, coltiva la “neuro-teologia”. Cinquant’anni dopo il suo primo utilizzo, questo concetto torna alla ribalta. Dall’intuizione letteraria a quella che oggi viene definita “neuroscienza spirituale” (M. Beauregard), il passo non è breve.

“Ma chi sono gli adulti?” chiese il Signor Farnaby alla giovane Susila. “Questo non lo domandi a me – rispose la ragazza – “è una domanda da porre a un neuroteologo”. “Che significa?” rispose lui. “Significa esattamente quello che dice la parola. Qualcuno che pensa agli individui in termini, simultaneamente, della Chiara Luce del Vuoto e del sistema nervoso vegetativo. Gli adulti sono un misto di intelletto e di fisiologia”.

Questo dialogo dai toni surreali è tratto dal romanzo utopico “L’Isola”, opera di Aldous Huxley (Godalming, Surrey 1894 – Los Angeles 1963), che lo compose nel 1962, un anno prima della sua morte. In questo passaggio letterario l’autore conia il termine “neuroteologo”, cioè colui che, per logica, coltiva la “neuro-teologia”. Poco più di cinquant’anni fa, dunque, la nascita di questo neologismo dalla penna del noto romanziere britannico dalla personalità decisamente complessa. Rampollo di una illustre famiglia inglese di scienziati, si laureò in letteratura inglese e filologia ad Oxford, e dopo due anni anche in scienze biologiche. Huxley fu un umanista e un pacifista, famoso soprattutto per i suoi romanzi fantascientifici (“Il mondo nuovo” 1932, “Ritorno al mondo nuovo” 1958) ; ma si interessò anche a temi spirituali come la parapsicologia e il misticismo filosofico. Huxley era noto anche per sostenere e fare uso di allucinogeni (sul letto di morte, come ultimo desiderio, chiese alla moglie un’iniezione intramuscolo di 100 mgr di Lsd… e fu accontentato!).

Ma cosa indica esattamente il termine “neuro-teologia”? Forse, vale proprio la pena di domandarselo visto che, cinquant’anni dopo il suo primo utilizzo letterario, questo concetto torna alla ribalta, animando il dibattito tra scienziati, filosofi e teologi.

“L’isola” di Huxley è stata la culla della parola e da lì iniziamo a cercare lumi. La narrazione è ambientata sull’isola asiatica di Pala (inesistente nella realtà), dove il giornalista inglese Farnaby era naufragato da qualche giorno, mentre viaggiava per affari. Lì, la giovane Susila, isolana di Pala, lo sta curando perché recuperi le forze. E’ in corso una sorta di dialogo “terapeutico” tra i due, quando Susila fa riferimento alla figura del neuroteologo come colui che cerca di curare le persone, mantenendo un approccio antropologico globale, diremmo oggi “olistico”, che fonde insieme corporeità e spiritualità, cervello e mente, “intelletto e fisiologia”. In pratica, sembra che Huxley abbia immaginato la neuro-teologia come la capacità di studiare o indurre comportamenti di appagamento interiore attraverso stimolazioni del cervello. Forse l’autore (che in quegli anni sperimenta su di sé gli effetti di nuovi stupefacenti) riassume un dilemma che in fondo era già stato suggerito dalla formula marxiana della ‘religione come oppio’: gli effetti di un’esperienza religiosa – siano essi appaganti, tranquillanti, ansiogeni o nevrotizzanti – da dove possono discendere, se non dal cervello? Ciò che nelle tradizioni religiose e nelle filosofie antiche discende dall’anima, dove può abitare se non nella mente?

Questi quesiti retorici ben esprimono il pregiudizio interpretativo di Aldous Huxley, che ovviamente non era credente. Ma durante cinquant’anni, il termine neuro-teologia ha conosciuto una certa evoluzione e si è meglio definito. Più di recente, qualche autore (M. Beauregard) l’ha intesa come una sorta di “neuroscienza spirituale”, il cui oggetto sarebbe lo studio della correlazione esistente tra il fenomeno della percezione soggettiva di spiritualità e la funzionalità biochimica del cervello umano. Si comprende bene che si tratta di muoversi su un terreno assai incerto e scivoloso, sia sul versante neurofisiologico, ancora bisognoso di molti studi ed approfondimenti, che sul versante della dimensione spirituale o religiosa della persona, difficilmente indagabile con le classiche metodiche sperimentali. In ogni caso, siamo convinti che un tema così affascinante meriti una riflessione più approfondita.