Il Centro Missionario Diocesano al Giubileo della Missione

Come i raggi del sole quando toccano ogni colore non cambiano, ma fanno diventare più belli, così la santità di Dio che è unica, grazie allo Spirito Santo, raggiunge ciascuno di noi, trasformando ogni nazione nell’unica bellezza di Dio. E questo ciò che è accaduto il giorno 28 ottobre quando noi missionari ci siamo recati presso il Santuario del Divino Amore per celebrare il nostro giubileo.

Tanti volti diversi, tanti colori diversi, tante nazioni diverse per un solo Dio, per un unico cuore: “ Il Cuore Missionario.”

Mons. Francesco Beschi ha ricordato che i missionari non hanno bisogno di fare propaganda, apparire troppo, mostrarsi migliori degli altri, ma di lavorare nel silenzio di Dio, perché è in esso che si genera la Parola viva e la missione.

Ricordando con gratitudine i primi missionari e l’esempio del beato Paolo Manna, siamo convocati a vivere con passione il presente e ad aprirci con fiducia al futuro, nella convinzione che chi realizza l’opera è Gesù e la nostra funzione è quella di remare verso un mare più lontano, guardando avanti con lo sguardo fisso sul volto di Gesù ed evidenziando l’amore che è il segno distintivo del cristiano, perché non basta aprire il libro della missione, ma è necessario continuare a scrivere nuovi capitoli.

Nel pomeriggio, Mons. Nunzio Galantino segretario della CEI con il suo modo gioviale, scherzoso e appassionato per la missione ha incoraggiato tutti noi a proseguire nella nostra opera.

Ha sottolineato la diversa composizione del gruppo degli apostoli: pescatori, esattore delle tasse… Tuttavia ognuno di loro ha cercato di raggiungere la sapienza e la profondità della vita a modo suo senza imitare nessuno.

Non basta apparire, bisogna essere!

I nostri occhi sono più belli quando guardiamo con amore quelli di un altro essere umano. Questo è accaduto con Pietro e Giovanni quando, il primo ha posato lo sguardo su un uomo storpio, che era nel tempio e nel nome di Gesù lo guarì.

Le nostre mani divengono pienamente umane quando possono accarezzare e servire il prossimo, come Pietro con Tabità a Giaffa, quando dopo aver pregato resuscitò la donna e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.

La miglior cosa che possa fare la nostra bocca è sorridere ad un altro essere umano e dirgli parole buone e di conforto. Questo è ciò che contraddistingue i cristiani, che li rende speciali e li unisce. Pertanto è possibile intraprendere un cammino intessuto di ascolto, dialogo e apertura autentica a Dio e al prossimo. Un cammino di donazione accorciando le distanze e toccando così con mano la carne sofferente di Cristo.