A Castel Volturno il pericolo vero è una guerra tra poveri

Dopo gli scontri tra immigrati e italiani, parla Antonio Casale, direttore del Centro di accoglienza immigrati Fernandes (diocesi di Capua): “Non si tratta solo di controllo o repressione, è un problema sociale di ambiente, di degrado”. E ancora: “La separazione tra bianchi e neri non deve esserci… occorre far incontrare cittadini, parrocchiani e immigrati per far sì che dialoghino sui problemi reali”.

Una polveriera. Così si potrebbe definire Pescopagano, frazione di Mondragone, confinante con Castel Volturno. Degrado ambientale, abusivismo edilizio, mancanza di servizi, una forte presenza di immigrati, in maggioranza africani, ma anche polacchi e ucraini, e la difficoltà di dialogare tra locali e chi viene da fuori. “Gli scontri avvenuti pochi giorni fa a Pescopagano tra immigrati e italiani non ci hanno sorpreso”, ammette Antonio Casale, direttore del Centro di accoglienza immigrati Fernandes, della diocesi di Capua, presente a Castel Volturno. “Come Caritas di Capua abbiamo lanciato il grido di allarme già venti anni fa – sottolinea al Sir – con la creazione del Centro Fernandes, che rappresenta una risposta in termini di accoglienza e di servizi basilari, ma anche la volontà di lanciare un monito alle istituzioni perché la questione fosse affrontata non come emergenza, ma in maniera ordinaria, attraverso progetti di integrazione, centri di ascolto, scuole di italiano, formazione al lavoro”. “Negli anni – prosegue – noi abbiamo fatto la nostra parte, ma senza il supporto di interventi forti dello Stato non è stato sufficiente”.

Quanto è difficile la situazione?

“Qui siamo nella periferia della Terra dei fuochi, dove si riversano le problematiche in modo più acuto. Su questo s’innesta il discorso immigrazione. La maggioranza di loro sono persone perbene, ma c’è anche una storica presenza della mafia nigeriana, che sul territorio ha trovato terreno fertile. Infatti, qui è forte la presenza della camorra. A ciò si aggiunge una presenza massiccia sul territorio di immigrati allo sbando, nel senso che vivono in grande precarietà, in case abbandonate, nel degrado, in interi quartieri dove vivono solo loro. A ciò si aggiunge l’estrema povertà perché il lavoro è precario per tutti, a maggior ragione per loro che vivono per lo più alla giornata. Certamente, gli immigrati subiscono molti torti, ma il pericolo è che si preferisce la giustizia sommaria e la vendetta in questa terra di nessuno. Se invece lo Stato e le organizzazioni sociali fossero più presenti, ci sarebbero altri modi di comunicare i problemi e risolverli”.

Adesso arrivano rinforzi delle forze dell’ordine a Castel Volturno, anche se solo temporaneamente. Pensa che sia utile?

“È sempre importante un incremento delle forze dell’ordine per la vita ordinaria, ma per risolvere il problema no, perché non si tratta solo di controllo o repressione, è un problema sociale di ambiente, di degrado, di dare opportunità di sviluppo alla zona, che ha una vocazione turistica fortissima ma che è stata abbandonata al degrado, alla criminalità e all’abusivismo. La situazione migliorerebbe di gran lunga nel giro di qualche anno, se si recuperasse la vocazione turistica del territorio, se si facessero le fognature, se si restituisse la bellezza del mare, se si intervenisse sulle case abusive e abbandonate”.

Anche gli italiani vivono il disagio…

“Anche loro sono vittime di questa situazione di degrado e povertà. Il pericolo è che si scateni la guerra tra i poveri. La separazione tra bianchi e neri non deve esserci, anzi devono combattere insieme per lo sviluppo di questo territorio. Siamo sicuri che la maggioranza degli uni e la maggioranza degli altri vuole questo. Inoltre, il nostro non è un popolo razzista per tradizione culturale. Su questo si può lavorare anche grazie alla forte presenza della Chiesa. Sul territorio lavorano anche tante associazioni, ecclesiali e laiche, impegnate a favore degli immigrati, ma finché non c’è una progettazione forte da parte dello Stato non si arriva a capo di niente. Lo Stato deve iniziare a dare segnali alla popolazione”.

Lei parlava della presenza forte della Chiesa…

“Il litorale domizio appartiene a due diocesi, Capua e Sessa Aurunca. I disordini sono avvenuti a Pescopagano, una frazione di Mondragone che appartiene alla diocesi di Sessa Aurunca, ma si tratta di una striscia di terra tra Mondragone e Castel Volturno. In una riunione avvenuta venerdì 18 luglio abbiamo inteso di instaurare un maggiore coordinamento tra le due diocesi. I vescovi di Capua, monsignor Salvatore Visco, e di Sessa Aurunca, monsignor Francesco Orazio Piazza, vogliono realizzare un progetto comune perché le zone sono contigue e i problemi gli stessi. Sia il Centro Fernandes sia la parrocchia di San Gaetano a Pescopagano offrono molti servizi agli immigrati. Ora si tratta di rafforzarli, in un’ottica anche di sinergia. Infatti, la risposta che bisogna dare adesso è sociale e umana, oltre a quella che deve venire dalle istituzioni. Occorre iniziare a far incontrare cittadini, parrocchiani e immigrati per far sì che dialoghino sui problemi reali. Quello che serve è una mediazione culturale. In attesa che lo Stato faccia la sua parte, noi possiamo aiutare le persone a costruire un futuro migliore”.