“Casa Futuro”: un centro di accoglienza e una possibilità di lavoro

La sinergia tra la Chiesa di Rieti e Slow Food spinge per fare della struttura che sorgerà sulle macerie del “Don Minozzi” il segno di una speranza concreta, moderna e rispettosa dell’ambiente.

Si è svolto il 2 settembre ad Amatrice un incontro tra il vescovo Domenico e Carlo Petrini, attivista, ambientalista e fondatore dell’associazione Slow Food. L’occasione è stata la messa a punto del progetto “Casa Futuro”, fulcro dell’attività della Chiesa di Rieti nei luoghi colpiti dal sisma. Casa Futuro è un progetto ambizioso, un obiettivo che la Chiesa di Rieti intende realizzare nel più breve tempo possibile, e si inserisce nell’ottica del «fare esperienza con Dio tra le nostre montagne».

I territori compresi nel cratere sismico sono stati negli anni luogo privilegiato per campi scuola ed esperienze di pastorale giovanile: l’idea di base del progetto è proprio quella di non disperdere, dopo il terremoto, questa lunga tradizione formativa per i ragazzi e le loro famiglie. L’edificio verrà realizzato nel complesso della struttura “Don Minozzi”, da sempre luogo d’incontro, di accoglienza, di sostegno sociale.

Affidata per la progettazione all’architetto di fama internazionale Stefano Boeri, “Casa Futuro” sarà una struttura semplice e sostenibile, idealmente in legno e vetro, coerente con le esigenze del paese e in perfetta armonia con l’ambiente.

Aspetti sui quali si innestano la visita di Petrini e l’apporto che la sua esperienza darà al progetto. Sul filo della Laudato si’ di papa Francesco, Petrini ha suggerito di “allargare” la visione di “Casa Futuro” per farla diventare anche spazio di elaborazione culturale e operativa sui temi dell’enciclica.

Il sopralluogo è quindi servito a rendersi conto dello spazio e del contesto in cui sorgerà l’opera e a ragionare sul modo di sviluppare al meglio le peculiarità del territorio. La proposta di Petrini è infatti quella di salvaguardare e tramandare le tipicità locali, facendo di Casa Futuro anche una base per la continuità delle tradizioni alimentari, vera e propria eccellenza dei luoghi colpiti dal terremoto. La speranza è quella di avviare, grazie all’esperienza di Slow Food, anche una catena produttiva, che consenta di integrare la filiera dei prodotti del territorio e offrire opportunità alla forze lavoro rimasta nei luoghi del cratere. Un misto di accoglienza, formazione e avviamento al lavoro che ben risuona con l’eredità lasciata da padre Minozzi.