Il Carnevale in tempo di Quaresima

Critiche per lo squallido e triviale corteo carnevalesco che “macchia” la prima domenica di Quaresima.

Un tempo, quando la gente era forse più semplice ma certo capace di dare senso e significato ai gesti ed alle azioni, il Carnevale finiva il martedì grasso con il rito dell’operazione chirurgica che squarciava il ventre del vecchio “sovrano”, incarnazione della festa, da cui si srotolavano metri e metri di salsiccia per banchettare prima del digiuno e prima di appiccare il fuoco al rogo rusticano delle vanità, preludio al periodo penitenziale di preparazione al rinnovamento della Pasqua di Resurrezione. Nel tradizionale ordine delle cose, concordemente sancito dall’anno liturgico e dalle norme civili scritte e non scritte, tutto trovava il proprio spazio e il proprio tempo in una dialettica serrata capace di conferire valore ad ogni distinto elemento, ivi compresa la trasgressione alle convenzioni, che implicitamente ne sanciva la funzione regolatrice della società.

A noi è dato vivere questi tempi travagliati e confusi, attanagliati da troppe povertà – materiali e morali, di principi e di idee – capaci di stravolgere in un sol colpo Quaresima e Carnevale, svuotandone una ad una ogni valenza, di quelle che anche etnologi ed antropologi interpretano come espressione irrinunciabile di un necessario dinamismo cosmogonico. Nella banalizzazione, nell’immiserimento volgare dell’edizione 2014 del Carnevale reatino non è soltanto lo slittamento temporale alla prima domenica di Quaresima a causa di allarmistiche previsioni meteorologiche ad imporre una severa riflessione: peggio ancora, la sfilata di carri e gruppi mascherati che ha attraversato le vie del quartiere reatino di Città Giardino riempiendole dei suoi anacronistici coriandoli si è caratterizzata per sciatteria, rozzezza, mancanza di gusto, vuota trivialità (tra pacchiane ironie su suore col pancione e tripudi di figli dei fiori perduti nei loro spinelli…).

Ed è questo che ne ha fatto un’occasione mancata, tanto per gli alunni delle scuole quanto per i cittadini che di fatto non hanno potuto riappropriarsi di una tradizione per vivere insieme un’esperienza divertente e significativa. È stato snaturato il coinvolgimento attivo delle scolaresche degli Istituti comprensivi cittadini, il cui intervento non meritava di essere svilito in un contesto del tutto privo di intenti formativi, questo sì secondo tradizione.

Eppure, quando negli scorsi mesi si era ipotizzata la sospensione dell’edizione 2014 del corso in maschera, c’era stata una vera e propria sollevazione popolare verso il Comune, rimarcandone l’irrinunciabilità del rispetto delle consuetudini, tanto profondamente radicate nel folklore e nella memoria del passato. Lo scadimento del risultato non va interpretato come conseguenza del tardivo, modesto finanziamento quanto piuttosto sull’aridità della proposta, davvero misera se non del tutto priva di autentici spunti satirici capaci di fustigare i costumi mettendo a nudo le contraddizioni della società contemporanea, confusi per una semplicistica, banalizzante messa in scena di comportamenti e atteggiamenti contrari alla decenza pubblica e privata, oltre che sanzionati dal Codice Civile non meno che dal Codice Canonico.

Nella percezione relativistica del senso comune, che ha insidiato e lentamente consumato arcaiche consapevolezze, tutto diventa lecito: anche celebrare il Carnevale in tempo di Quaresima svilendo l’uno e profanando l’altra; anche replicare e imitare comportamenti censurabili senza alcuno spunto satirico: e dire che, in tempi remoti, i nostri antenati sabino-romani potevano vantare l’originalità e l’autenticità della satira come tratto peculiare della cultura e della civiltà arcaica…