Caritas Rieti: bisogna prestare orecchio

Prosegue il nostro viaggio dentro il mondo della Caritas Diocesana. Abbiamo approfondito i temi del Centro di Ascolto con Cristina, volontaria nella struttura da tanti anni.

Leggendo il sito della Caritas diocesana, colpisce come l’ascolto, nelle direttive dell’ente, venga messo prima del fare.

È vero, le persone vanno prima di tutto ascoltate. Chi si rivolge alle nostre strutture non ha il semplice problema di procurarsi cibo e indumenti. Ovviamente sono bisogni di primaria importanza e costituiscono il primo contatto. Ma per le persone è molto più importante manifestare se stesse e la propria storia. Un poco alla volta chi viene al centro d’ascolto capisce che nella Caritas trova soprattutto amicizia e dialogo. È a quel punto che il sostegno materiale si anima davvero e diventa prospettiva di soluzione. Dietro il disagio c’è una molteplicità di situazioni e non bisogna fermarsi alle apparenze. Ci sono casi dolorosi di persone che si portano dietro disagi familiari, perdite di lavoro, violenze e altro ancora. Un universo di pene umane ed esistenziali che talvolta fatichiamo ad associare ai nostri concittadini.

E gli stranieri?

La Caritas era originariamente pensata soprattutto per dare sostegno agli immigrati. Ma il panorama del disagio, nel tempo si è modificato, anche a seguito delle varie crisi. Oggi i reatini sono una considerevole percentuale dei nostri assistiti. Ciò non toglie che i migranti continuano ad interessare la Caritas e a trovare conforto presso di noi. Nel nostro contesto attuale si tratta soprattutto di romeni. Di solito gli uomini sono lavoratori dell’edilizia, mentre le donne si concentrano per lo più nel campo dell’assistenza. Ma di lavoro ce n’è sempre meno anche per loro e tra un impiego e l’altro debbono pur mangiare, vestire i bambini, mandarli a scuola, prendersi cura di sé, e così via.

Colpisce questo riferimento ai bambini. Sono molti quelli assistiti dalla Caritas di Rieti?

Di bambini ce ne sono tanti, soprattutto tra le famiglie di immigrati. Un po’ per condizione sociale, e un po’ perché fanno comunque più figli. Comunque sia la Caritas ha sempre grande attenzione verso i minori, e quando è necessario scegliere, ai bambini accordiamo sempre la preferenza. La tutela dei più deboli rimane la bussola attraverso cui la Caritas lavora nella società e non protremmo certo agire diversamente. E poi c’è un motivo pratico: chiunque ha figli sa che i bambini consumano di più. Di conseguenza hanno maggiori bisogni.

Infatti si vede una buona prevalenza di abiti per bambini sugli scaffali. Viene da domandarsi se ci sono anche bambini italiani tra gli assistiti di Rieti.

Sì, ci sono. Provengono da famiglie dove manca il lavoro, o dove si sono verificate separazioni, o ancora dove è venuta meno quella rete di relazioni che, al di fuori del ristretto nucleo padre, madre e figlio, costituisce il concreto ambiente in cui un bambino dovrebbe crescere.

Crisi della famiglia e mancanza di lavoro sembrano il laccio sotterraneo di tutti i disagi…

È così. In questa direzione la capacità di ascolto di Caritas, anche trasformandosi in rapporti sulla situazione complessiva del territorio, diviene fondamentale. Non perché il nostro lavoro sia in sé una risposta. Infatti possiamo solo tamponare l’emergenza e cercare soluzioni semplici. Piuttosto conta che lo spaccato dei problemi che andiamo a conoscere ascoltando il disagio, può essere una via attraverso cui la società nel suo complesso può formulare domande su se stessa e iniziare a porre i problemi degli altri come problemi propri. Forse così sarà possibile escogitare vere soluzioni.

Occorre una assunzione di responsabilità?

Sì. Il discorso che facciamo come Caritas è anche questo. Non basta donare, occorre educare alla consapevolezza del valore che il dono porta in sé. Tante situazioni di disagio provengono dall’incapacità di gestirsi o dal vizio. In questi casi lavorare al contrasto di queste derive è più utile che dare il vestito o la scatoletta. Non è raro che alcuni dissipino in modo sconclusionato quanto ricevono. Il Centro di Ascolto esiste anche per capire quale è il destino del sostegno concreto che eroghiamo. In questo modo le sofferenze provocate dall’allontanamento da una vita ragionevolmente consapevole possano essere ridotte. Non è un compito facile e certe storie è anche doloroso ascoltarle. Ma la nostra esperienza ci dice che è la strada più efficace.


Il report finale dell’Osservatorio della Povertà e delle Risorse della Caritas Diocesana di Rieti è scaricabile dal link seguente:

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