Caritas: lavoriamo per la nostra distruzione

Da poco è stato pubblicato il Rapporto della Caritas Diocesana sulle Povertà. Si tratta di una indagine che offre un impietoso spaccato della nostra società partendo dai dati raccolti quotidianamente dal centro di ascolto della Caritas. Risulta innegabile, infatti, un aumento del disagio, sopratutto nella città di Rieti. Per capire meglio la situazione abbiamo incontrato il direttore della Caritas Diocesana don Benedetto Falcetti.

Don Benedetto, il rapporto biennale sulla Povertà è arrivato puntuale…

Certo! E non potrebbe essere diversamente: per la Caritas diocesana è diventato un indispensabile strumento di lavoro. Ovviamente è anche utile per dare il polso della situazione ad ampio spettro, ma prima di tutto serve ai nostri volontari per rendere gli interventi quanto più possibile aderenti alle reali necessità del momento.

Come lavora la Caritas?

Alcuni pensano che la Caritas sia l’armadio dei panni o la dispensa dei viveri. Non è così. Il nostro compito è metterci accanto alle persone in difficoltà ed accompagnarle affinché possano uscire dal disagio. Certe volte accade nella vita delle persone un specie di inceppamento. La Caritas in questi casi spera di riuscire ad essere come una goccia d’olio. Un piccolo aiuto che toglie gli impedimenti e permette alla vita di riprendere a fluire. Quando ci riusciamo abbiamo raggiunto il nostro scopo. Paradossalmente la Caritas è l’unico ente che lavora alla propria autodistruzione…

E ci si riesce sempre?

Beh, in alcuni casi i fattori negativi sono complessi. Si può essere poveri per estrazione o per condizione, ma anche per incapacità personale. La nostra è una società che vorrebbe tutti vincenti, ma non tutti ce la possono fare. Ci sono persone che si risollevano in fretta ed altre che hanno bisogno di essere accompagnate a lungo. Capita ad esempio di incontrare persone incapaci di gestirsi, che dissipano quello che ricevono in modo irrazionale. In questo senso la Caritas svolge una funzione pedagogica. In tanti casi reinserire le persone vuol dire proprio educarle di nuovo a stare al mondo.

Non è proprio la carità alla spicciolata che tanti si immaginano…

La Caritas è una porta aperta, una mano tesa, ma non dà tanto per dare. Cerca piuttosto di agire con giustizia e di calibrare gli interventi sulle vite di chi si rivolge ad essa. Il Rapporto sulla Povertà è la forma astratta del lavorìo che i volontari fanno per capire chi hanno di fronte. Aiutare le persone vuol dire anche comprendere cos’è che non funziona nella loro vita, visitare la loro casa. Spesso coinvolgiamo pure il vicinato cercando il modo di costruire una rete di solidarietà capace di sostenere e ridare slancio. È una prossimità che funziona e aiuta tanti a sollevarsi dai propri problemi.

Quale è la principale causa di impoverimento?

Senza dubbio la mancanza di lavoro. Vale sia per gli italiani che per gli immigrati. Più impressionante ancora è il fatto che arrivano alla Caritas anche persone che lavorano. In alcuni casi lo stipendio non basta, specie in famiglie numerose e monoreddito. Ed ecco che qualcuno, magari prima di fare la spesa, passa da noi per cercare l’integrazione di un piccolo aiuto. Anche tra i pensionati ci sono molte persone in difficoltà. In tanti percepiscono poco e non mancano gli anziani che vengono alla Caritas anche per approfittare un po’ della compagnia.

La povertà è anche di tipo relazionale?

Sì, rileviamo casi di profonda solitudine, di violenza, di depressione e non solo. Sommando questi fattori all’indigenza ci si può fare una idea della complessità del lavoro dei nostri volontari.

E i mezzi?

I tre quarti dei finanziamenti della Caritas diocesana provengono dall’Otto per mille. Poi ci sono le donazioni dei privati, quelle dei cittadini e quelle di soggetti come la Fondazione Varrone. I locali in cui lavoriamo sono della diocesi. Nel tempo abbiamo cercato di ampliare le nostre strutture e le nostre strategie. Ad esempio, grazie a Recuperandia, siamo riusciti a dar vita ad un circuito virtuoso che recupera sia gli oggetti che le persone, offrendo alle seconde la possibilità di un reinserimento e ai primi una nuova utilità. Un altro settore importante è lo sportello lavoro, attraverso il quale cerchiamo di collocare quante più persone possibile seguendo le esigenze del mercato.

E per il futuro?

In occasione dell’anno diocesano dell’Eucaristia, d’accordo con il Vescovo, cercheremo a breve di rendere quotidiano il servizio della mensa di Santa Chiara. Un modo per spezzare il pane assieme almeno una volta al giorno e ricordarci che l’Eucaristia è cibo sia del corpo che dello spirito.


Il report finale dell’Osservatorio della Povertà e delle Risorse della Caritas Diocesana di Rieti è scaricabile dal link seguente:

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