Card. Bertone: omelia in occasione dell’avvio dell’Istituto Superiore di Musica Sacra a Rieti

Carissimi fratelli e sorelle,

sono lieto di essere nuovamente tra voi e di condividere questo momento di preghiera attorno alla mensa del Signore. Mi sembra di essere in famiglia fra la gente della Valle Santa; una famiglia che si ritrova sotto le volte di questa Chiesa di S. Domenico, che qualche tempo fa era piena di ponteggi di ferro come una vera foresta, ma che oggi è splendente nella sua piena bellezza e sacralità.

Consentitemi, innanzitutto, di rivolgere uno speciale saluto a Monsignor Delio Lucarelli, Vescovo di questa antica Diocesi che risale all’epoca apostolica. Come pure di salutare cordialmente Monsignor Lorenzo Chiarinelli, Vescovo emerito di Viterbo, che sono lieto di incontrare oggi qui, mentre altre volte ci siamo trovati in riunioni di lavoro presso qualche Dicastero vaticano.

Saluto con piacere anche le Autorità civili e le ringrazio della loro presenza, che dimostra la necessità per tutti di saper unire preghiera e vita sociale in un’unica autentica proiezione al bene comune.

L’invito rivoltomi da Monsignor Luigi Bardotti a presiedere questa solenne Celebrazione eucaristica ha un duplice significato. Da un lato, egli ha voluto farmi il dono di ricordare nella preghiera al Signore i miei 20 anni di consacrazione episcopale, compiuti nell’agosto scorso. E di questo lo ringrazio di cuore. Dall’altro lato sono stato invitato per sancire l’avvio dell’Istituto Superiore di Musica Sacra. E di questo sono molto lieto, perché trovo una profonda sintonia e continuità fra la nascita di questo Istituto e la presenza troneggiante in questa Chiesa del grande e magnifico Pontificio Organo Dom Bedos, intitolato a Benedetto XVI, che è motivo di orgoglio per tutta la città di Rieti. Con tale vero gioiello dell’arte musicale, non può che scaturire come una naturale conseguenza la creazione di una qualificata Scuola di Musica Sacra.

Oggi sono presenti i Docenti e gli Allievi: è una data importante non solo per loro, ma per l’intera diocesi che collabora nel far si che questa scuola prenda il via; è un momento importante per tutta la Città e la Provincia perché una istituzione di simile livello non potrà che offrire la possibilità di contatti internazionali.

Dopo aver spiegato il motivo della mia presenza, desidero offrire qualche riflessione sulla Parola di Dio che abbiamo ascoltato come discepoli del Signore.

Siamo alla terza Domenica di Quaresima e i testi biblici ci invitano ad intraprendere una nuova tappa del cammino verso la Pasqua, dove incontriamo Gesù che, con fare deciso – come di colui che ha autorità – compie il gesto di purificare il tempio da una forma di contaminazione commerciale non idonea al luogo sacro. Ma, vediamo dal racconto, che i Giudei – ossia il gruppo più addentro alla Bibbia e fedele custode di essa – vogliono una spiegazione chiara: ”Quale segno ci mostri per fare queste cose?” (Gv. 2,18). Essi non potevano non riconoscere che il gesto di rovesciare i tavoli dei cambiamonete e di liberare il tempio da capre e altri animali, sia stato compiuto per riportare la sacralità del tempio alla sua genuina purezza: un luogo unicamente di preghiera. Si trattava però di un gesto che presupponeva una autorità ad essi sconosciuta; una autorità in realtà rivelatrice della presenza divina in Gesù. Ed ecco allora la richiesta del “segno”, ossia di una prova, che possa renderli convinti di questa sua autorità.

Il Vangelo prosegue con una logica stringente. Rispose loro Gesù “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv. 2, 19). Si tratta di una risposta provocante che sbalordisce perché sembra che Gesù stesse proprio parlando della distruzione di quel tempio fatto di solide pietre. Il messaggio verrà recepito in maniera chiara e completa solo più tardi dalla Chiesa degli Apostoli: il tempio a cui Gesù si riferisce non è un luogo di mattoni, ma è lui stesso. Siamo ormai alla svolta del nuovo Testamento: la persona di Gesù sarà il luogo della perfetta comunione con Dio.

Il Papa Benedetto XVI nel suo secondo libro “Gesù di Nazareth”, spiega che “Gesù aveva amato il tempio come proprietà del Padre ed aveva gradito insegnare in esso. Lo aveva difeso come casa di preghiera per tutte le nazioni ed aveva cercato di prepararlo per questo scopo. Ma egli sapeva anche che l’epoca di questo tempio era superata e che sarebbe arrivato qualcosa di nuovo che era collegato con la sua morte e risurrezione” (LEV 2011, p.46).

Il brano tratto dal Libro dell’Esodo, letto poc’anzi, ci presenta, attraverso il Decalogo, la preparazione remota di questa nuova epoca, e dice lo sforzo di Dio per condurre e guidare il suo popolo, dotandolo di una retta legislazione, per condurlo in definitiva verso una libertà rappresentata dall’Alleanza con Lui: una Alleanza di amore.

Mentre il brano della Lettera ai Corinzi, che ugualmente abbiamo ascoltato, ci fa gustare l’essenza della prima predicazione che consisteva in concreto nel presentare la passione, morte e risurrezione del Signore come la sostanza della fede dei cristiani. Per esplicitare meglio questa sostanza della nostra fede, cito, in conclusione, una bella pagina dell’enciclica Spe salvi di Benedetto XVI: “Gesù che di sé ha detto di essere venuto perché noi abbiamo la vita e l’abbiamo in pienezza, in abbondanza (cfr Gv 10,10), ci ha anche spiegato che cosa significhi «vita»: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3). La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora «viviamo»” (n. 27).

So che la vostra Diocesi è impegnata a celebrare l’Anno dell’Eucaristia e che vi preparate a vivere insieme alla Chiesa universale l’Anno della Fede indetto dal Supremo Pastore, il nostro amato Papa Benedetto XVI. Ebbene, siano queste le occasioni propizie per testimoniare anche pubblicamente i valori solidi e profondi della fede cristiana, che sono perennemente a fondamento di un vero umanesimo.

In questo percorso entusiasmante ma certamente impegnativo, vi aiuti la Vergine Santa. Rivolgendo lo sguardo verso la sua immagine collocata in Piazza Bachelet, che io stesso andrò a venerare nel pomeriggio, ricordate di avere al vostro fianco una madre amorosa, ma anche una coraggiosa condottiera che, indicandovi suo Figlio Gesù, vi guiderà sulla strada del bene e del progresso sia spirituale che umano.