Canonizzazione di San Domenico / I volti del Corteo

Si è svolta sabato 30 agosto la rievocazione storica della Canonizzazione di San Domenico di Guzman a Rieti. L’iniziativa – completamente autoprodotta dal Consorzio Storico-Culturale Reate Antiqua Civitas – ha mostrato per il settimo anno un modo tutto “made in Rieti” di fare cultura, turismo, intrattenimento.

Ovviamente la proposta può essere catalogata tra le tante altre manifestazioni di carattere medievale che vanno di moda da qualche tempo. Ma a fare la differenza ci sono il modus operandi e gli scopi di Reate Antiqua Civitas.

Il consorzio di associazioni, infatti, da sette anni dimostra come sia possibile dare vita ad un prodotto di grandi dimensioni e qualità senza per questo dover attingere fiumi di denaro dai canali pubblici o appoggiarsi al mecenatismo dei “finanziatori istituzionali”.

La Rievocazione non deve ricorrere al richiamo dei grandi nomi per giustificare se stessa. Tanto meno ha bisogno di essere annunciata, fotografata e raccontata da giornali e siti web per dimostrare di esistere. Il mondo che dà vita alla manifestazione non sta mai sotto i riflettori, eppure continua ad attrarre turisti e delegazioni in costume da un po’ tutto il centro Italia, soprattutto dall’Umbria e dall’Abruzzo.

La Rievocazione della Canonizzazione di San Domenico, infatti, funziona perché si fonda su un episodio centrale della storia della città, si sforza di usare in modo appropriato gli spazi urbani, si regge esclusivamente sulla volontà, la forza, e le risorse dei reatini comuni: lavoratori, casalinghe, pensionati, professionisti, studenti.

Tutte persone che nei giorni precedenti la manifestazione organizzano, preparano i costumi e le attrezzature di scena, risolvono problemi logistici, costruiscono relazioni. E affrontano un bel po’ di burocrazia per poter usare quello spazio che comunque gli appartiene in quanto cittadini.

Tutte persone che la sera dell’evento indossano un costume e passano per le strade della città rivendicando semplicemente di essere reatini. Come a dire che se si vuole guardare avanti, fare qualcosa di valore, capace di avere una prospettiva seria, occorre ritrovare se stessi e ripartire dal proprio piccolo.

Questi tristi anni di crisi ci hanno insegnato qualcosa: la politica delle grandi imprese multinazionali è quella di colonizzare e sfruttare. Si arricchiscono a spese dei territori e quando il ciclo è finito se ne vanno lasciando un deserto economico ed umano.

Forse qualche dubbio bisognerebbe iniziare a coltivarlo anche attorno alle feste nazionali, ai festival internazionali, alle esposizioni mondiali, e a tutta la trionfante prosopopea che ha accompagnato queste proposte di importazione negli ultimi anni. Di sicuro con queste cose c’è chi ci si è arricchito. Ma alla fine della fiera, a voi − alla città − è davvero rimasto in mano qualcosa di concreto?