Buzzati alla ricerca di Dio

In una raccolta recentemente riedita emerge fortemente la dimensione religiosa dell’autore del “Deserto dei Tartari”

“E nella vetusta maestà del Vaticano, per la prima volta nella storia, si assistette alla seguente scena: il Santo Padre e un vecchissimo sconosciuto frate venuto da chissà dove, che, tenendosi per le mani, singhiozzavano insieme”.
“L’umiltà” è un racconto di Dino Buzzati che ha del profetico, calcolando che la raccolta da cui è tratto, “La boutique del mistero” risale al 1968 (è stata recentemente riedita da Mondadori, 208 pagine). Un pio sacerdote che sceglie di confessare la gente “nel deserto delle città” come scrive, non senza ragione Buzzati, si ritrova spesso a ricevere un prete, poi monsignore, poi eccellenza e infine, lui così dice, santità. Il fatto è che quel prete è talmente umile che il sant’uomo crede che quelle cariche siano un suo amabile modo di prenderlo in giro, fino a che, quando sta per morire, non si ritrova davanti al papa, per scoprire che quell’uomo non mentiva. Era veramente diventato un papa, umile, certo, ma papa.
L’elemento religioso è assai sentito dall’autore del “Deserto dei Tartari” (1940), capolavoro che narra la dimensione di attesa e di ricerca di senso dell’uomo moderno. E anche questi racconti non fanno eccezione. Ve ne è, ad esempio, uno dei più belli, e il più lungo, dal titolo “Il cane che ha visto Dio” che narra lo scontro tra la vera fede e un’umanità che spesso la confonde con il sospetto, con un’idea di Dio giudice occhiuto e intransigente, mentre essa cresce dove c’è la semplicità e la fedeltà. La sensazione di un Buzzati alla continua ricerca di un senso della vita è fortissima in questi racconti. Quello che è notevole è che l’uomo laico e che ha visto un po’ di tutto nella sua vita di giornalista, mostra una grande capacità di andare a fondo in questo cammino: non giudica, non mostra i muscoli di un razionalismo spocchioso e intellettualoide, ma è in ascolto soprattutto dei cuori, della semplicità, dell’amore spontaneo e poco scenografico, nei quali si avverte la presenza di un qualcosa di altro che non la materia.
In Buzzati rimane certamente uno spirito critico e raziocinante, ma nel contempo non è difficile notare una inquieta volontà di non fermarsi alle apparenze ma di scendere fino alle profondità più remote dell’essere, che talvolta gli lasciano intravedere l’Essere con la maiuscola.