“E’ la buona politica che fa risparmiare”. Tutto il resto è solo propaganda

L’accorato appello agostano di Beppe Grillo ai militanti perché contribuiscano con molto più fervore di quanto avvenuto finora alle spese per la festa in programma a Palermo a fine settembre, ha rilanciato il tema del costo della politica.

Il politologo Roberto Cartocci: “Il punto è che la rete di Grillo è virtuale e il legame con i suoi sostenitori è fragilissimo. Chi ha votato per i 5 Stelle nella stragrande maggioranza dei casi non ha alcuna particolare voglia di tirar fuori soldi per la festa del Movimento”. E poi: “Una buona politica produce risparmi enormemente più significativi di quelli che si realizzano intervenendo sugli stipendi dei parlamentari”

Non che in questo agosto manchino i temi politici interni e internazionali a cui dedicare attenzione. Tuttavia quello dei costi della politica è sempre un argomento che tira, tanto più in una fase in cui la reazione collettiva ai privilegi delle élites ha assunto proporzioni mai viste prima. E poiché in Italia chi ha saputo intercettare questo fenomeno è stato il Movimento 5 Stelle, che sul rifiuto dei finanziamenti pubblici ha costruito un parte delle sue fortune elettorali, inevitabilmente l’accorato appello agostano di Beppe Grillo ai militanti perché contribuiscano con molto più fervore di quanto avvenuto finora alle spese per la festa in programma a Palermo a fine settembre, ha fatto scattare riflessioni e qualche ironia.

Come se il leader dei 5 Stelle avesse improvvisamente scoperto che fare politica costa.

“Il punto è che la rete di Grillo è virtuale – spiega Roberto Cartocci, ordinario di scienza politica all’università di Bologna – e il legame con i suoi sostenitori è fragilissimo. Chi ha votato per i 5 Stelle nella stragrande maggioranza dei casi non ha alcuna particolare voglia di tirar fuori soldi per la festa del Movimento. La base di consenso è completamente diversa – per esempio – da quella del Pd che nonostante le grandi difficoltà che attraversa riesce ancora a drenare risorse sul territorio”. Non a caso è questo partito ad aver fatto il pieno dei finanziamenti assegnati dai contribuenti attraverso le opzioni del 2 per mille riservato alle formazioni politiche, raccogliendo il 55,8% del totale dello scorso anno.
Che il tema dei costi della politica sia sempre ai primi posti del dibattito pubblico lo dimostra anche il fatto che proprio nell’ultima seduta della Camera prima della lunga, lunghissima pausa estiva, sia andato in scena un confronto senza esclusioni di colpi tra i deputati grillini e quelli del Pd e di Si in materia di stipendi dei parlamentari.

I primi chiedevano una riduzione generalizzata a 5000 euro mensili lordi, reputando sufficiente per la loro attività una retribuzione tra i 3200 e i 3500 euro netti, gli altri si sono messi a fare i conti in tasca ai loro avversari politici mettendo in evidenza che, dati dei rimborsi alla mano, i deputati 5 Stelle prendevano in realtà diverse migliaia di euro in più dei 3200 indicati come riferimento. “Si tengano pure tutto lo stipendio, se sono capaci di portare proposte politiche nuove, intelligenti, efficaci – osserva Cartocci con un pizzico di provocazione – perché di questo c’è bisogno. Una buona politica produce risparmi enormemente più significativi di quelli che si realizzano intervenendo sugli stipendi dei parlamentari”. “Vede – continua il politologo – la cultura politica degli italiani in questo campo è veramente schizofrenica. Da un lato siamo i campioni dell’antipolitica, che poi storicamente prende forme sempre nuove. L’idea di partenza è che ci voglia poco a fare politica, che sia una cosa facile.

Essere onesti e ascoltare i cittadini va benissimo, ma non è sufficiente. La politica è un’impresa complessa, che richiede programmi e strumenti appropriati.

Per fare un esempio attuale, il modo in cui i grillini si sono ‘incartati’ nell’avvio della gestione comunale a Roma è anche conseguenza di questa banalizzazione. Dall’altro lato, gli italiani sono uno dei popoli più dipendenti dalla politica. Davanti ai problemi siamo sempre pronti a chiedere uno stanziamento di fondi, a invocare comunque l’intervento delle istituzioni. Anche l’uso del termine ‘casta’ diventa a ben vedere uno modo dei cittadini per autoassolversi”.
Detto ciò, sottolinea Cartocci, “è sacrosanto prendersela con certi privilegi che non solo condizionano il funzionamento di tutta la macchina della politica, ma tendono anche a perpetuarsi nel tempo, in certi casi fino alla tomba…”.

Un recentissimo studio dell’associazione Openpolis, che effettua un monitoraggio costante delle spese nella pubblica amministrazione, ha calcolato che oltre 90 milioni di euro continueranno ad affluire nelle casse dei partiti anche quando il canale dei rimborsi elettorali sarà completamente prosciugato. Il che avverrà il prossimo anno.

Di questa somma la parte più ingente è rappresentata dai fondi per i gruppi parlamentari, ma è in forte crescita quella ricavata dal 2 mille, cui vanno aggiunte altre forme più o meno indirette di sostegno. Certo, siamo ben lontani dai 182 milioni distribuiti nel non lontano 2011, ma tenuto conto che su questa materia i cittadini si sono chiaramente espressi con un referendum, il nodo appare ancora irrisolto. Eppure la politica costa, come sanno meglio di tutti i cittadini degli Stati Uniti di fronte alle spese miliardarie per la campagna presidenziale in corso. Lì pagano le lobbies. E neanche questa è una prospettiva rassicurante.